Il silenzio di un suicidio: la disperazione gelida dell’autore di questo gesto ma anche la desolazione totalizzante di quelli che restano. In ognuno dei due casi, una delle sensazioni più tremendamente nere ed angoscianti che possa provare un essere umano.

Non tristezza, non decadenza, solo il vuoto, il silenzio, per l’appunto, lasciato da chi non c’è più per propria mano. E contemporaneamente la confusione, l’atemporalità pura, lo spazio che si dilata e si restringe, il trascorrere sospeso delle ore che poi violentemente si dissolvono in una situazione distorta. Questo è il monicker del gruppo, questo è quello che vuol dire: uno dei momenti in cui la morte sembra più vicina in assoluto. E questo è anche quello che vogliono dire i Suicide Silence con la loro musica, una delle proposte più emotivamente devastanti e difficili che si trovino in circolazione.

Qui siamo lontani anni luce dalle dolci sofferenze dei gruppi Gothic Black ma anche dalle accidiose depressioni di gruppi come Leviathan, Nargaroth ed Abyssic Hate. In questo Ep di umano c’è poco, è tutto così lontano dal sentire comune ma nel contempo così vicino alla realtà e alla crudezza dei fatti accaduti; qui c’è qualcosa di poco rassicurante. Nota introduttiva a parte, “Suicide Silence” è l’omonimo debutto di una band statunitense che, come quasi tutte, decide di dare alle stampe un Ep prima del grande passo del Full Lenght. Nonostante ciò il disco ha ricevuto un’ ottima distribuzione in gran parte dovuta alla pubblicità fatta sul loro sito ufficiale (dove è anche possibile ascoltare sample e vedere il video Live offerto come bonus) che lo ha portato a finire direttamente nel mio stereo. Bè, credo che il mio stereo non lo sputerà fuori tanto presto perché sono rimasto letteralmente pietrificato da quanto è inciso su quel maledetto cd.

Uscito solo un anno fa, l’Ep risente delle influenze dei principali gruppi Brutal Death in circolazione oggidì, in particolare di quelli dediti alle proposte più estreme ed integraliste. Vistosi soprattutto i rimandi alla scuola newyorchese di band quali Skinless, Immolation e Suffocation (i primi in modo particolare), ma non mancano i riferimenti al Death californiano di Disgorge, Decrepit Birth e Deeds Of Flesh. Quel che è certo è però che i Suicide Silence sono imparentati più strettamente con le nuove leve che non con il metal Old school e la cosa è ben evidenziata anche dalla produzione, decisamente pulita anche se non fredda. Delle giovani band californiane riprendono anche la tecnica strumentale, anche se in alcuni punti ancora perfezionabile: sicuramente, comunque, la loro perizia è decisamente sopra la media, soprattutto considerato che si tratta di esordienti.

Molte grandi band (i Cryptopsy e i Suffocation stessi) nei loro primi Demo e Mini Cd dimostravano una tecnica solo discreta, ma i suicide Silence invece si comportano da veri professionisti e mettono in campo un talento fuori del comune unito, com’è ovvio, ad uno studio assiduo dei propri strumenti. Dietro alle pelli, un ragazzo veramente capace che a più riprese mi ha ricordato il giovane Bob Beaulac (Skinless); come dicevo, la sua perizia può essere ancora migliorata, ma quello che lo distingue è un uso della batteria molto diverso da quello tradizionale. I Blast Beat o le accelerazioni classiche sono utilizzate solo marginalmente e per lo più per fare da ponti alle sue svariate invenzioni, che concernono per lo più i frequentissimi rallentamenti (tutti comunque troppo imprevedibile per valere al complesso la nomea di band Doom Death). I passaggi ad effetto non mancano e di solito si risolvono in brusche interruzioni, pause e rullate bizzarre, zoppicamenti assortiti e altre amenità che possono scaturire solo dalla mente di un musicista di grandissimo talento. Leggermente meno singolare il lavoro svolto dai due chitarristi anche se rappresenta il complemento necessario alla prestazione del loro drummer; il loro modo di suonare mi ha riportato indietro di cinque anni, a quel “Foreshadowing Our Demise” degli Skinless che tanto mi aveva affascinato.

Tuttavia i nostri non fanno una criticabilissima opera di “copia-incolla”, al contrario si sforzano di continuare quel tracciato senza riproporlo pari pari e, giustamente, estremizzandolo per non fargli perdere il primato di pesantezza. E ci riescono, Dio mio se ci riescono; i riff sono complicati ma riescono a non scadere nel virtuosismo fine a se stesso alternando i pezzi più veloci e tecnici a rallentamenti che puntano tutto sull’ impatto sonico e, più che altro, emozionale. I nostri però evidentemente non disdegnato il Post Hardcore, genere dal quale traggono spunti pseudo melodici inseriti inaspettatamente nelle canzoni; no vi stupite quindi di sentire accordi alla Converge spuntare in mezzo all’Armageddon di queste canzoni. Incredibile e validissima la voce; le vibrazioni delle corde vocali del cantante ci avvicinano alla morte, ce la fanno sfiorare con un Growling profondissimo e ci mettono in ginocchio con uno screaming dei più laceranti, sofferenti e letali che abbia mai sentito, sapientemente evidenziato dalla produzione. So che vedendo che ho dato il massimo dei voti ad un Ep vi renderà scettici ma, come detto riguardo ai Deeds Of Flesh, un disco che venga venduto ad un prezzo tanto ridicolo e che contenga tracce tanto belle non può che meritare l’eccellenza.

Le cinque canzoni (delle quali “Destruction of A Statue” suonata Live in maniera perfetta) sono composte in maniera mirabile e dirò di più, tante band dalla carriera decennale e dal conto in banca assai più sostanzioso non sanno fare di meglio. I pezzi sono strutturati, meditati e soprattutto sentiti, la cosa più importante se si suona musica estrema non solo per il gusto di farlo; ogni nota è un ideogramma, una chiave per accedere ad una orribile emozione di angustia e cordoglio. So che tanti di voi queste cose non le sentiranno (per non dire che nessuno di voi sentirà questo disco) e riterranno che sia un’ingiusta lode di un normalissimo disco Brutal Death metal; ma se provate ad calarvi nel mondo del “silenzio del suicidio”, se provate a leggere il titolo di “Distorted Thought Of Addiction” mentre la ascoltate allora forse capirete che tutto questo, anche se non è umano, può capitare ad un uomo. Forse avrete un brivido, forse sarete morbosamente attratti, più probabilmente penserete “ma a questo gli si è spaccato il frigorifero che grida così?”; ma quello che io avverto mentre “Suicide Silence” gira nel mio lettore è un sentimento di infinita oscurità, il pessimismo che diventa inutile di fronte ad una tragedia e lascia solo il desiderio di scappare dall’ orrore (“About A Plane Crash”).

Benvenuti dove il sole non arriva.

Elenco e tracce

01   Ending Is The Beginning (02:37)

02   Swarm (03:40)

03   About A Plane Crash (02:48)

04   Distorted Thought Of Addiction (03:55)

05   Destruction Of A Statue (03:16)

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