Un pianoforte solitario e innevato nel mezzo delle Rocky Mountains.

Un’immagine che evoca solitudine, desiderio di fuga, la ricerca di se stessi.

La montagna insegna il silenzio, insegna a convivere con i nostri pensieri, con le nostre debolezze. Chissà, forse è proprio questo il motivo che spinge i Supertramp a lasciare l’amata Albione per rifugiarsi tra le vette del Colorado. O forse più probabilmente è la ricerca dell’agognato successo commerciale, solo accarezzato con i due precedenti lavori. Resta il fatto che non è ancora il momento della gloria, passeranno altri due anni prima di sfornare quel “Breakfast in America” che li consacrerà nella storia della musica e che da lì in poi li farà anche pranzare e cenare oltreoceano.

"Even In The Quietest Moments" segue ancora il percorso intrapreso dai suoi predecessori, un’azzeccata formula musicale, fresca e raffinata, in perfetto equilibrio tra pop d’autore e progressive. Un disco introspettivo, dalle atmosfere soffuse e dalle delicate tessiture, che per una volta mette in disparte il caratteristico sound del Wurlitzer e privilegia le parti acustiche. Per il resto è il solito incontro / scontro delle due menti creative del gruppo, Rick Davies e Roger Hodgson, dove è quest’ultimo in particolare a lasciare l’impronta più marcata.

Con il fortunato singolo che apre l’album, “Give a Little Bit”, condotto da una chitarra acustica sempre in primo piano, un refrain che si stampa indelebile in testa e un solo di sax a dare quel tocco d’eleganza che non guasta mai. Ma l’abilità di compositore di Hodgson non si ferma al lato più easy listening, perché sue sono anche le composizioni più ispirate. A partire dalla delicata title-track, ballata di matrice folk, con un clarinetto a disegnare una nostalgica melodia tra il cinguettio di uccelli in sottofondo. “Babaji” è invece un brano che mette in evidenza l’armoniosa voce in falsetto del polistrumentista, sorretta da una ritmica trascinante dettata dal piano. Il pezzo è dedicato all’omonimo santone, conosciuto durante il precedente viaggio in India del nostro.

E’ però la conclusiva “Fool’s Overture” a toccare le vette emotive di questo lavoro. Una lunga suite che si dibatte tra vellutati passaggi pianistici e momenti più sinfonici e ritmati, mentre le criptiche liriche ci parlano dell’incapacità dell’uomo di imparare dai propri errori. A completare il disco i brani di Davies, tra i quali spicca l’intensa “From Now On”, che seguono la vena rhythm and blues del proprio autore. Sebbene venga spesso trascurato e classificato come interlocutorio ed incerto, "Even In The Quietest Moments" è per il sottoscritto un album di assoluto valore, che conferma il momento magico del gruppo. Per un quinquennio buono i Supertramp non hanno sbagliato un colpo e sono stati i Signori del Pop. Massimo rispetto.

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