A volte capita che escano dischi a tuo comando. Così con la raccolta pubblicata nel 2001 dalla Harvest (EMI) sul portatore di bollicine dei Pink Floyd degli esordi, che focalizza il meglio dei suoi due dischi solisti. Syd Barrett, destinatario di tale attenzione a ritroso, non ha curato l’opera, non ha organizzato, tra continui spostamenti in basso e in alto, la scaletta. Semplicemente non c’è, elementare. Dunque assume un fascino particolare, è innegabile. Un’attrazione rafforzata da componenti che potremmo paragonare –non mi saetti il madcap- al battisti paesano degli ultimi anni, del quale, un giorno o l’altro, mi deciderò di fermarmi ad ascoltare un brano nella sua interezza.

Syd è il crazy diamond spiattellato in uno dei primi best-seller del gruppo -datato 1975-, “wish you were here”, opera che seguiva di un paio d'anni il plurimiliardario e pluriprodrotto lato oscuro della luna.
E’ innegabile come i dischi degli esordi, infarinati dalla follia del nostro birichino, siano distanti già galassie dalle produzioni di questi anni.

E’ innegabile la maestosa bellezza di alcune composizioni, maestosa che fa rima non a caso con pomposa, per una scelta di produzione che spesso lasciava tracimare –senza peraltro volerla celare- una iperproduzione alle spalle, una cura maniacale, una ricerca ossessiva del suono perfetto, del suono liscio che potesse entrare nelle orecchie in armonia e deporvi ciò che era stato stabilito dovesse richiamare.
Intendiamoci: col passare dei dischi il suono si raffina, si sgrezza, ma d’altro canto perde quella ingenua naturalezza folle dei primissimi Pink Floyd. Troneggiava Syd, non meravigliamoci dunque. Un trono che non deve essergli andato a genio: colto sprovvisto dal successo del primo disco del gruppo – “the piper at the gates of dawn” in cui firma da solo la maggior parte delle composizioni – ricorre all’uso di psicofarmaci onde alleviare gli sbalzi di temperamento. Il mandrax ricopre il ruolo di colpevole in questo caso: preso a piccole dosi produce rilassamento, ma ben presto crea dipendenza. Immaginate che strada abbia percorso Barrett, quindi.

Viene progressivamente allontanato dalla band quando ormai la sua presenza non viene ritenuta necessaria per le date dal vivo: implacabile s’immobilizza durante l’esecuzione di una canzone, il pubblico allibisce, naturale.
Imbarazzo. Già nella seconda uscita - "a saucerful of secret" - Barrett è uno scomodo ricordo, Gilmour (suo compagno di studi che furono) subentra e occupa un posto che si vorrebbe intendere vacante, si spera che si possa recuperare la pecorella smarrita…A lui è relegato l’ultimo brano del disco, ma è facile immaginare che non interagisca con gli altri componenti da tempo considerevole.

E’ il 1968. La situazione mentale peggiora, egli stesso si definirà un “vegetable man” e nonostante ciò diretto e seguito da collaboratori che ruotavano intorno all’area floydiana riesce ad essere il firmatario di due dischi solisti rilevanti, entrambi del 1970, “The madcap laughs” e “Barrett”.

Musicalmente si tratta di accenni che si differenziano abbastanza nettamente dallo stile della futura band milionaria: qui la trama è pressoché scarna, lo spazio lasciato a sperimentalismi strumentali è davvero esiguo. E’ invece da segnalare la tendenza ad un ridersi addosso, un ghigno sardonico sulle proprie sventure e sui propri modi di vedere la realtà circostante, deviandola ovviamente, tramite l’uso di liriche al limite della tangibilità. Ricorrono i giochi di parole, spesso Barrett se ne serve troncandole a suo piacimento per dare comunque una discreta musicalità all’insieme. Non mancano tuttavia stralci dotati di pura semplicità e intelligibilità e pura poesia quando riprende, ad esempio, dei versi di joyce del 1917 per “golden hair”. La sensazione generale, anche ad un ascolto non coadiuvato dal necessario breviario prelevato dalla grane rete, è di collasso del tempo abituale, si avverte in ogni caso uno scompenso, s'intravede un che di lucido proprio degli intelletti tormentati da loro stessi. Che si pisciano addosso, per esemplificare. Le registrazioni per queste due opere furono -comprensibilmente- problematiche. Gilmour e gli altri collaboratori sopra citati erano letteralmente schiavi delle smanie di Syd, che si presentava in sala solo quando riteneva opportuno.

Vantaggioso? Era semplicemente indifferente: inamovibile nonostante tutti lo stessero aspettando per riprovare la voce su un dato pezzo, o chiedere consiglio su come desiderasse la batteria su tal'altro brano. E' assente, non esiste, si materializza di tanto in tanto, ondate di breve durata per poi ritornare all'isolamento scelto come cura. O come autodistruzione? Sta di fatto che questi due dischi sono presenti -invero uscirà in seguito un collage di pezzi inediti "Opel" , meno interessanti a quanto pare e meno setacciati- e la raccolta da poco uscita sta ad indicare un rifluire d'interesse su questo personaggio per il quale è oggettivamente difficile tracciare un immaginario futuro. La leggenda -ed il caso- vuole che il nostro si ripresenti in un aspetto non proprio memorabile ai vecchi compagni durante le sessioni del pezzo che a lui dedicarono, di cui si è accennato all'inizio: shine on you crazy diamond. Ossia come allontanare e far fruttare i propri sensi di colpa.

Barrett, avvertito il pezzo, decise di dissolversi dai loro occhi per mai più farsi scorgere. La certezza attuale è che viva segregato, nella casa di sempre, con la famiglia che in ogni caso non opprime il suo desiderio di quiete. Come normale immaginare sono in molti coloro che vanno a curiosare. Le foto -rare- di oggi lo ritraggono imbolsito e posseduto da calvizie, mentre passeggia con aria innocente. Stralunata? Vallo a capire il madcap. quel dannato. Il nipote ogni tanto lo sente strimpellare, sa che si diletta nello scrivere, ch'è ritornato alla sua primitiva passione per la pittura. E' comunque certo che non voglia affrontare i classici spettri del passato: quello che è stato salvato al mandrax ha in ogni caso un certo carattere di "leso". Difficile recuperare, naturale, cellule cerebrali bruciacchiate. Io dico che il madcap si fa l'orticello e se ne fotte. E butta giù parecchie baby limonate. E fa bene. Il mio messaggio è chiaro: acquistate tale raccolta e scaricatevi i testi, i prodi arremabanti motori di ricerca v'aiuteranno. "The best of Syd Barrett - Wouldn't you miss me?" Non dovesse piacervi prometto di venire a porgervi un cd a vostro piacimento dalla mia discoteca. see-u-soon

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