Biréli Lagrène e Sylvain Luc, entrambi chitarristi, entrambi jazzisti, entrambi ex collaboratori di Richard Galliano (ma il Luc all'epoca suonava il contrabbasso), han pubblicato il loro secondo album nel febbraio di quest'anno (by the way, bello far uscire in pieno inverno un CD dal titolo "Summertime"), dopo dieci anni quindi dal primo, "Duet". La formula è sempre quella: va bene tutto, dagli standard jazz alle canzonette pop, passando per il folk e ovviamente il blues... Tale formula farà forse storcere il naso a qualche jazzofilo purista dal viso già arcigno ("VADE RETRO POP!"), ma farà di sicuro gongolare il neofita entusiasta e un poco caciarone... Io, in quanto recensore per niente super partes, pur conscio che la verità sta da qualche parte fra i due estremi, mi schiero tranquillamente col secondo e per dimostrarvi che queste non sono solo parole, vi offro una versione live di "Isn't she lovely" (clickare qui).

In una vecchia recensione, se mi consentite di citarmi addosso, ho paragonato Biréli Lagrène a "uno sciatore provetto che, stanco delle piste troppo battute, scenda di là dove lo sciatore domenicale vede solo neve fresca, un'eccessiva pendenza, sassi, alberi e tutti gli altri segni premonitori dell'apocalisse...". Ecco, Sylvain Luc è invece un maestro di sci, di quelli che parlano crucco; un tipo quadrato, matematico, sornione, lento all'inizio ma poi chi lo ferma più, perfetto conoscitore delle piste e dei relativi pericoli, sempre lì a dispensare buoni consigli ("PRUDENZA, MI RACCOMANDO!!"). Oh, da tutto questo qualcuno potrebbe dedurre che il Luc sia una palla al piede, un "so tutto io", o magari uno "bravo si, ma dopo un po' rompe il cazzo...". Non è così ovviamente... Lasciamo allora da parte gli sport invernali e diciamo che qui abbiamo un Don Quijote (Lagrène) e un Sancho Panza (Luc): l'uno dice: "GIGANTI!!", l'altro: "MULINI A VENTO!!!". Ma il savio non vuole affatto impedire al folle d'intraprendere avventure, vi si butta anzi pure lui a capofitto e la cosa bella è che, forse per l'intervento di qualche benevolo incantatore, nessuno dei due finisce gambe all'aria...

Il disco: "Summertime", manco a farlo apposta inizia con la titletrack gershwiniana. Come l'originale, la versione della coppia Luc Lagrène all'inizio è lenta, ti culla e ti inquieta a un tempo dandoti la sensazione che qualcosa stia seguendo il suo corso (come direbbe un vecchio irlandese...). Poi però il brano si fa movimentato grazie ai duecento modi diversi in cui l'uno dei due chitarristi sa accompagnare i soli dell'altro. Una "So What" meno cool e più veloce ci avverte che la faccenda (qualsiasi faccenda) è seria, va affrontata quindi col giusto swing. Perfetta questa versione per le vostre quotidiane corse contro il tempo, improvvisa come un impulso che vi proietti fuori casa in piena notte, pigiama addosso e pantofole ai piedi... "On the fourth of july" di James Taylor riporta decisamente la calma, e alle prime note io ci rimango anche un po' male... Ma in fondo mica si può andar sempre di corsa... E a proposito di ritmi lenti, Robert De Niro e compagni, di certo non avrebbero potuto cantare, ne "Il cacciatore", la rivisitazione di "Can't get my eyes off of you" qui presente. Troppo lenta e poi mancano le strombazzate (ricordate? "PAA-BAA PAA-BAA" ecc...). Il brano, lo ammetto, è proprio bello, toccante, più adatto al languore di un dolce ricordo che all'espressione gioiosa di un un sentimento attuale.

E meno male che poi si torna a swingare...

Carico i commenti... con calma