E finalmente sono stato investito da un film diretto e scarno che non sa cosa sia la retorica e che prende di petto una tematica scomoda. Se siete disposti ad uscire dal cinema con una faccia sofferente e pensierosa allora andate a vedere "La famiglia Savage".

Tamara Jenkins è schietta ed essenziale nella sua fotografia di una famiglia americana alla prese con un momento drammatico che prima o poi quasi tutti devono affrontare. John e Wendy sono due fratelli sulla quarantina che vivono due esistenze tristemente normali impegnati dai loro rispettivi lavori. Sono insoddisfatti perché non sono non riusciti ad emergere in ambito lavorativo e quello amoroso è semplicemente una Caporetto. D'improvviso vengono costretti e prendersi cura del padre affetto da demenza e quindi non più autosufficiente. Nel solito film americano di turno questo momento di difficoltà sarebbe coinciso con la scintilla, la svolta per far cambiare le loro vite e magari ci sarebbe stato anche l'happy ending con i fuochi d'artificio. E invece Tamara Jenkins ci fa male, ci colpisce duro e ripetutamente perché quello che noi vediamo è la realtà. I due figli non sono sufficientemente ricchi per potersi prendere cura del padre e vengono messi di fronte ad una alternativa che sicuramente non li allieta ma è l'unica da prendere.

Tra la ricerca di un ospizio decente ed uno alla loro portata economica viene fuori la scomoda verità in un acceso e sentito dialogo tra i figli. "Una casa di riposo è un posto terribile. La possono abbellire quanto vogliono e farcela apparire per una specie di paradiso, ma alla fine questa illusione è solo per noi. Per noi, i figli, che vedendo un prato curato ci mettiamo il cuore in pace e crediamo di avere fatto abbastanza. Ma la verità è che qui non si sta bene: qui la gente muore lontano da casa sua e magari da sola".
Il rapporto tra padre morente e figli è incredibilmente realistico e crudo. Sembra veramente di vivere una situazione straziante e durante il cinema mentre mi giravo e guardavo i miei genitori, mi veniva quasi da piangere. Sarò così altruista e avrò abbastanza soldi per far si che qualcuno si occupi di loro mentre io lavoro? Potrò farli morire in casa e fargli sentire tutto il mio affetto oppure sarò costretto a vivere anch'io questa orrenda situazione?

Per trattare con questa veridicità e forza un tema del genere ci vogliono attori dal grosso calibro e Philip Seymour Hoffman e Laura Linney si confermano essere degli interpreti di rango superiore. Perfino l'anziano Philip Bosco, si cala perfettamente nei panni uno scontroso e iroso uomo ben conscio di essere giunto al capolinea della sua vita. Efficace nei dialoghi e dotato di una ottima colonna sonora di Stephen Trask "La famiglia Savage" è un gran bel film anche nel finale che ci offre un minimo di speranza e serenità.

Carico i commenti...  con calma