Qual'è il significato della vita? Per i Tankard, band beercore-thrash tedesca, senz'altro divertire e divertirsi, suonare veloci guancia guancia con testi ironici, somministrare Thrash Metal senza mai emendarlo o scozzarlo con tentazioni industrial.
La simpatia di questi cinque ragazzi di Francoforte è la chiave del loro successo, ma non solo. Non si tratta solo di ideare sorrisi o magliette colorate su sfondo nero, non si tratta neanche di calcolare scaltramente la compressione del suono o i tempi di batteria, il giusto intro di basso o la sapiente pausa melodica arpeggiata condita da voce sofferente, niente affatto.
E' la forma canzone che Gerre e soci espongono ad infervorare il cuore di parecchi thrasher, emozionati senz'altro nel porgere grato orecchio a riff aguzzi, non originali ma efficienti, come pure a solos cortocircuitati ma anche raziocinanti e melodici. Andy Bulgaropulos ed Axel Katzmann, le due asce, non sono Jeff Hannemann e Kerry King, ma sprigionano un'immensa carica. Su questo platter, a differenza dei precedenti, la sezione ritmica è ben calibrata, grazie al nuovo batterista Arnulf Tunn, decisamente più tecnico del pur bravo Oliver Werner, e al quasi decennale bassista Frank Thorwart, sempre presente e preciso.
La peculiarità cardine dei Tankard stata non tanto il cambiamento di rotta musicale, ma la crescita costante durante i primi quattro anni di release discografiche, costellate pure da una manciata di brani killer e, nondimeno, la partecipazione attivadi tutti i membri al songwriting. Ecco allora l'album che fornirà le maggiori soddisfazioni economiche alla band (www.metalmillennium.net/stage), pubblicato nel 1990 e dotato di una splendida copertina che immortala uno scoglionato Mike Tyson, i fancazzisti papa Woityla ed il cancelliere Kohl, e l'alieno mascotte che legge la mano al poco convinto dottore "azzecaintrugli" che appare anche sulla copertina di "Chemical Invasion": tutta la combriccola è seduta ai tavoli dello Space Beer, un quadretto gustoso, sagace, dai colori bollenti ed il logo della band che troneggia a vessillo dell'ironia semplice e mai sguaiata.
Grande fiesta sul retro copertina, con la band sorridente, a partire dal novello Arnulf (fan di Ventor e Dave Lombardo), tutti padroni dei propri mezzi, con gli strumenti infuocati che forgiano il riff anni '70 della track di apertura "Open All Night", ossia bar aperti tutta la notte senza restrizioni: doppia cassa di Arnulf in evidenza e solos sibillante che quarcia il "zzzz" delle chitarre e si perde nel vento come un eco maldigerito soppiantato dall'ugola roca e partecipe di Andreas "Gerre" Geremia che si accoda all'orchestrina heavy. Uno dei migliori inizi che abbia mai sentito in campo Thrash Metal. "Beermuda" è la stura dei giochi di parole beer in casa Tankard, che servono a proiettarci nel Mar dei Sargassi, nelle famose isole assurte a nuovo Bengodi, sogno ad occhi aperti che è anche il pretesto per una cavalcata thrash da manuale mancante di alcune pagine, niente affatto innovativa, veloce e tecnica, molto slayeriana nella decelerazione e conseguente riavvio. Questi brani evidenziano il nuovo maquillage sonoro a cura del fido producer Harris Johns (con la band sin dagli esordi, un record) che è più vicina al Thrash statunitense, dunque più scintillante di "The Morning After", più tornita, ma anche meno potente. Questo cambiamento sonico consente alla band di imbastire qualcosa di nuovo e di durare all'interno del tempio metallico dell'epoca, unitamente ai mutamenti di organico che ossigenano la proposta musicale dei nostri. Tuttavia "Always Them" sembra ricalcare "Beermuda" e la bagatella si materializza: partenze a razzo in quattro brani su dieci sottolineano la ripetività del gruppo anche ai fan che anelano "Reign In Blood" ripetuto all'infinito.
La palese progressione qualitativa dei Pestilence in quattro album (leggere le note del booklet, ad opera di Monte Conner, nella compilation "Mind Reflections") pare irraggiungibile per i cinque tedeschi. Anche la title-track non sfugge alla ragion di stato per la sopravvivenza, con la boutade iniziale e strofa ben declamata da Gerre sempre al massimo dei giri, laddove l'altrettanto fulminea "Dancing On Our Grave" sorprende col testo apocalittico, da dita incrociate, nel quale si infilza un coro da pulman scolastico; titolo ad hoc anche con "Space Beer", un classico brano cadenzato tanto per rifiatare dopo la corsa repentina delle altre song :l'ugola di Andreas Geremia si smarca incontrando il gradimento dei fan.
Nel 1990 "Seasons In The Abyss" e "Rust in Peace" stanno schiacciando tutto e tutti ma i Tankard sono lì e ci sono anche ai giorni nostri, con i soli Gerre e Frank della formazione che ha generato "Zombie Attack". "The Meaning Of Life" rimane un buon disco, inferiore a "The Morning After" nonostante il drummer in palla e la produzione più raffinata (ma anche le varie beer) lo portino in acque tranquille.
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