Nati nel 1982 a Francoforte sul Meno, città legata alle vicende di Heidi e degli Exumer, i Tankard rappresentano la band Thrash Metal alternativa, secondaria, birraiola per eccellenza: incidono per la Noise, scambiano Harris Jonhs per Peter Grant, suonano da due decenni lo stesso genere musicale, amano la velocità ghepardesca con balzo finale, scrivono testi seri con ironia, semi-seri con ironia, prosaici con ironia, adorano la cervogia ed il mangime per uccelli (Ritchie Blackmore docet).

Mentre le altre thrash band tedesche (Exumer+mascotte posseduti dal fuoco) apprendono il sacro verbo degli Slayer con qualche variante, i Tankard a metà anni '80 manifestano al mondo la loro attitudine punk con il demo "Alcoholic Metal" e giungono al debutto nel 1986 con questo "Zombie Attack" nella formazione tipo: Andreas "Gerre "Geremia, Frank Thorwart, Axel Katzmann, Andy Bulgaropulos e Oliver "Farewell To A Slut" Werner. La buona novella di questo debutto, uscito nell'anno d'oro del Thrash Metal, consiste non tanto nell'imitazione o, perlomeno, nella rivisitazione goffa di certe matrici thrash del tempo, Metallica o Slayer che siano, ma nel masticare una canzone e digerirla dieci volte nell'album, la song in questione è "Strike Of The Beast" degli Exodus, chiusa tonante del nel loro debutto "Bonded By Blood" pubblicato nel 1985. La canzone non è altro che un rovinoso e semplice riff che viene lanciato con velocità supersonica dal drummer Tom Hunting, ma il suono è quello di un thrash lercio, grezzo ma pure avvincente ed evocativo, sicchè il chitarrista Axel Katzmann lo utilizza per comporre otto canzoni e il bassista Frank lo rielabora in due canzonacce.

La mia analisi potrebbe essere tosto confutata ma se osserviamo la title-track ci accorgiamo che i fraseggi delle chitarre sono dirozzati, la batteria è sparata a mille senza badare troppo ai pedali, per non parlare della voce di Gerre che non ha il carisma di Paul Baloff (R.I.P) degli stessi Exodus ma possiede la grinta di un diciannovenne entusiasta che scrive testi, certamente non impegnati come quelli di Phil rind, ma adatti a far baldoria e, dopo la tempesta, a riflettere sul mondo che ci circonda.

In "Zombie Attack" Geremia declama il titolo più volte e la canzone è discreta, rapida e dal riff spartano: gli zombie non sono a passeggio nel cimitero ma dentro le placide villette della cara e vecchia Europa, questa l'immagine che si conia nella mia mente, non quello che recita il testo. "Acid Death" inizia il pellegrinaggio dei riff di scorta presi dagli Exodus ma densi di forza emotiva, ripetiamo tutti assieme "Acid Deaaaath, Acid Deaaath" e arrivano gli assoli secchi, concisi e talmente efficaci che siamo già costretti a riscrivere la storia thrash tedesca. La sacra triade viene potenziata trasformandosi nella quadriga imperiale Kreator-Sodom-Destruction-Tankard (band in panchina Sabbat e Deathrow) e questi ultimi stanno suonando vicino a casa nostra uno dei tanti concerti: provate ad intervistarli e vedrete che sotto la cassa di cerveza c'è molta umanità e conoscenza della situazione mondiale, senza pretendere di insegnare niente a nessuno. Altro pezzo forte dei concerti è "Mercenary", dotato di un riff strappa unghie, come un clava provvista con supporto a molla che continua a percuotere una vecchia automobile scassata, fino allo schizzamento in aria delle bielle-solos : "...vogliono ucciderti, il mercenario arriva a te e devi scappare lontano...attento al mercenario!...".

L'evoluzione del thrash europeo passa anche attraverso i Tankard, che arrivano a inscenare il divertimento con l'epigramma serio come in "Maniac Forces" : "... Russia e America si accusano a vicenda di avere una più bombe dell'altra, viviamo in un mondo incerto, impauriti dall'inizio della Terza Guerra Mondiale..."; dopo un proemio palindromo mood - doom la song scoppia nel ricorrente riffone "Strike Of the Beast" smontato e rimontato e ci accorgiamo che tutto l'album sarà così ad esclusione della cover dei Gang Green "Alcohol" che fa tutt'uno con l'inno birraiolo "(Empty) Tankard": "...bere e fottere tutta la notte...", un programma davvero vivace che non contempla demoni o principi delle tenebre.
La seconda metà dell'album si rivela meno indovinata e le canzoni cominciano a zoppicare, i riff perdono l'appeal ironico della prima parte del platter e non graffiano, il proclama-raptus di "Chains" si rivela abbastanza stantio ("...lotta, lotta rispondi alle loro aggressioni, prendi le armi e difenditi...uccidi, uccidi, l'ora è giunta..") laddove "Screaming Victims" si erge sulla mediocrità con qualche trastullo iniziale prima della solita bufera che è perpetrata da un poema strappato dai solchi di "Evil Invaders" dei Razor. Le due asce Katzmann e Bulgaropulos si rivelano ossimoriche, ossia efficaci ma ripetitive, mentre la sezione ritmica assolve al meglio il compito come macchina tritatutto. Ma a sorprendere è la voce di Andreas Geremia, dalla dizione teutonica lampante che, accoppiata alla sua aggressività genuina, si erge ad elemento trainante dell'album.

Con questo esordio i Tankard si candidano a quarta forza del thrash tedesco e sbaragliano i poveri Whermacht sul loro stesso campo, anche se all'epoca pochi lo avrebbero pensato, invece a posteriori li troviamo in splendida forma ancor oggi. "Zombie Attack" è un'esordio discreto, non indispendabile, ma se vogliamo avvicinarci al capolavoro "The Morning After" dobbiamo passare attraverso questo sentiero alcoholic thrash che non brilla nelle classifiche monetizzate ma nei festival heavy, dove Gerre e soci mettono in scena il loro thrash resistente all'usura del tempo.

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