Recensire questo disco non è semplice, perché si mischiano in me orgoglio regionale e ricordi d'infanzia.

Quando uscì questo disco, nel 1988, avevo appena nove anni ed i riverberi del fenomeno Tazenda arrivavano a me belli e misteriosi come solo l'infanzia sa fare. Cosa avevano di tanto speciale questi tre ragazzi, tanto da essere sulla bocca di tutti? La musica tradizionale sarda ha forti radici nell'isola, ma a parte qualche eccezione questa coinvolge soprattutto le persone di una certa età. I giovani, come è naturale, hanno altri punti di riferimento musicali. I Tazenda tentarono quello che oggi può apparire scontato ma a quel tempo non era: fondere le sonorità degli strumenti tradizionali e la lingua sarda assieme ad un sound pop-rock. In seguito si sarebbe detto rock etnico, in sintesi. Nonostante qualche purista storse il naso, il successo in Sardegna s'allargò a macchia d'olio. A contribuire alla popolarità fu anche una trasmissione tv condotta da Pippo Baudo chiamata Gran Premio. Era una sfida tra tutte le regioni d'Italia, che proponevano dei numeri di vario tipo. Il punto forte della Sardegna furono proprio i Tazenda ed il loro rock sardo. Pippo Baudo ha l'occhio lungo, e fiutate le potenzialità del terzetto lo propose anche in un suo Sanremo in coppia con Bertoli (la famosa Spunta la luna dal monte), apprezzatissima da critica e pubblico. Da quel momento in poi si aprì una (breve) stagione di ribalta nazionale per i Tazenda, con persino dei passaggi al Festivalbar e dei tour sulla penisola e all'estero, prima di tornare un fenomeno regionale.

Dopo tanti e tanti anni, ho deciso di riascoltare questo disco. Ero un po' timoroso, temendo di rovinare un bel ricordo d'infanzia. Difatti la mia considerazione verso la loro musica, obiettivamente, non era altissima. Troppe tastiere e synth, sound buono per gli anni 80 ma non per gli anni 90 in cui il loro rock sembrava ampiamente superato (il grunge era la vera scoperta). Invece ho ritrovato un disco che ha comunque i difetti descritti (suoni troppo marcatamente anni 80 e quindi che invecchiano male), ma la cui genuinità li annulla completamente. Il gruppo crede nella musica che fa, e non tenta la disperata ed utopistica rincorsa del successo "italiano" che li porterà persino a snaturarsi cantando nella lingua del Manzoni. La voce di Parodi è fantastica, e le contaminazioni etniche per quanto a volte suonino ingenue sono comunque godibili in quanto atipiche. E poi ci sono due canzoni che valgono una carriera: "Carrasecare" e "No potho reposare".

Per chi non lo sapesse, il Sardo è una lingua vera e propria e quindi a sua volta ha numerosi dialetti. I Tazenda cantano in un dialetto del nord Sardegna, e quindi per chi come me vive nel Cagliaritano può capire sì e no il 50% dei loro testi. E proprio per questo sento di consigliare questo disco anche a chi non conosce il sardo, che si troverà ad ascoltare non un capolavoro musicale in senso assoluto ma un esperimento riuscito che lo rende comunque a suo modo una piccola gemma.

Elenco tracce e samples

01   Sos ojos de sa jana (03:12)

02   A sa zente (04:26)

03   A Deus piachende (04:39)

04   S'urtima luche (04:34)

05   Carrasecare (04:36)

06   ...a passu lentu (05:47)

07   Chelu nieddu (04:35)

08   Sentimentu (04:37)

09   No potho reposare (04:17)

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