Ico
Ovvero il gioco che portò il mondo a chiedersi una volta per tutte, se i videogiochi potessero essere considerabili come una forma d'arte.
E che ci fornì anche una risposta, ovvero sì, i videogiochi possono essere anche arte e non necessariamente energumeni incazzati, archeologhe con le tette a punta o mere scopiazzature di Super Mario.
E come ci diede questa risposta?
Attraverso una strada che sino ad allora nessuno aveva mai intrapreso con tanta convinzione, ovvero mettere al primo posto l'aspetto emotivo stesso del gioco, non che prima di Ico (datato 2001) non esistessero giochi con trame emotive, o comunque artistiche (si pensi a Final Fantasy VII, tanto per fare un esempio classico), ma sino ad allora nessuno aveva mai provato a farvi effettivamente affezionare ad un personaggio fittizio.
Il gioco racconta infatti la storia di Ico e Yorda due ragazzini in fuga dal loro destino.
Ico è un povero ragazzino nato con le corna, simbolo di una antica maledizione, e che gli abintanti di un non precisato villaggio portano in un castello per offrirlo come sacrificio rinchiudendolo in una tomba e liberarsi della sua maledizione.
Yorda è una ragazzina il cui passato è ignoto (potrebbe addirittura non avere un passato, sta a voi capirlo) che si ritrova imprigionata in una gabbia di questo castello per un motivo che lei non conosce.
Come e dunque facile immaginare, Ico riesce a liberarsi dalla tomba che lo teneva rinchiuso e incontra la ragazzina, aiutandola a liberarsi e iniziando la loro fuga dal castello, fino a qui nulla di eccezionale direte voi, e posso anche darvi ragione data che il modo con cui viene narrata la storia, e la storia stessa sono molto minimali, ma è durante le fasi di gameplay vero e proprio che si compie la vera magia, in Ico infatti il vostro compito sarà proseguire nella vostra fuga dal castello risolvendo di volta in volta in vari puzzle ambientali che le stanze del castello offrono.
Tali puzzle sono basati sulla peculiarità dei due protagonisti, Ico riesce a difendersi, a saltare e ad arrampicarsi, Yorda invece è particolarmente vulnerabile e poco agile, ma può sfruttare la sua speciale aura per aprire le porte che fanno da collegamento tra una stanza e l'altra, dunque il gioco si svolge pressapoco sempre così proponendo di volta in volta situazioni di difficoltà crescente, il tutto reso più difficile dalla presenza di ombre che cercheranno di imprigionare nuovamente Yorda, causando il consecutivo game over, e causando un lieve senso di tensione che rende l'esperienza più viva e reale.
So bene che una descrizione così schematica del gioco non rende effettivamente l'idea di cosa si può provare giocandoci, e che forse una di quelle pseudo recensioni poetiche avrebbero reso meglio l'idea, ma credetemi, il gioco riesce tramite tanti piccoli dettagli a farvi effettivamente affezionare alla coprotagonista, e questo lo capirete da soli in un certo punto del gioco.
Il comparto visivo poi ha dello straordinario e ci fa capire come menate quali il 3d, l'alta definizione e la grafica superpompata siano orpelli inutili, e che effettivamente l'hardware di una Ps2 basta e avanza per dipingere su schermo ambientazioni evocative come non mai, sia gli interni del castello che gli esterni sono curati con una classe ed uno stile che raramente vediamo ancora oggi, in piena era Hd, roba da far impallidire l'ennesimo Call of Duty che prende voti regalati e vende milioni di copie ma che è alla fin fine la solita minestra riscaldata.
Il comparto sonoro è forse quanto di più minimale si sia sentito in un videogioco, Ico non ha musiche di sottofondo, salvo alcuni intermezzi come le battaglie (accompagnate da una specie di dark ambient) e il salvataggio, accompagnato una delicata melodia elettronica, questo perchè Ico cerca (e riesce) di farvi immergere quanto più possibile nell'esperienza di gioco, lasciando al vostro udito la bellezza di ascoltare suoni naturali, come se vi trovaste realmente lì.
Altra particolarità del gioco è l'assenza di hub che vi mostrino energia, tasti da usare e quant'altro, semplicemente perchè non ne ha bisogno, voi vi trovate lì e all'occorrenza saprete cosa fare.
Al tutto si aggiunge l'enigamtico finale, il punto in cui il gioco da il meglio di se e vi lascerà a bocca aperta facendovi capire la differenza tra un videogioco e un opera d'arte.
A dispetto di quanto detto sopra il gioco è uscito da poco in accoppiata con in il suo sequel-prequel Shadows of The Colossus in versione Ps3 con l'aggiunta dell'alta definizione e il supporto al 3d, nulla di realmente rilevante secondo chi vi scrive, se potete giocatelo su console originale e godetevi questo gioco così come è stato concepito.
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