Un disco bellissimo, struggente, carezzevole e a tratti doloroso.
Uno Schubert dei giorni nostri questo chitarrista di Beth Orton alla sua seconda prova solista. Già dal primo ascolto mi ha rapito, inserendomi un loop di pensieri dolci e gentili, lontano dallo stress, regalandomi momenti di tranquillità non solo sonora.
Una semplice chitarra suonata benissimo, accompagnata però molto seriamente e differentemente nello scorrere dei vari pezzi, dal violino all'effetto elettronico, con batteria quasi completamente assente e qualche percussione.
Sensazioni che si susseguono velocemente, dall'impressione di ascoltare delle ottime esecuzioni in teatro a quella di trovarsi in uno spazio aperto a godere della natura benigna di questo periodo primaverile. Purtroppo ho poche notizie riguardo la biografia di questo signore e posso basarmi solo su quello che ho ascoltato ma vi assicuro che non è affatto male, dischi di riferimento "The Way I Am Sick" dei Dakota Suite e qualcosa dei Piano Magic, in particolare dell'altro progetto di Glen Johnson quello dei Textile Ranch.
I pezzi: "Over to you" è un lento pianoforte in matrice elettronica, "String Dance" un carillon dentro un violino, "In the shed" e "Seaside Dunce" sembrano materializzarsi dalle oblique melodie di Stef Kamil Carnels ma senza canto, Josie è dietro l'angolo ma non spunta, negli altri per lo più cocktail di chitarra e archi a descrivere dolci e sognanti melodie.
Un disco da relax, magari su un'amaca, non consigliato in momenti particolarmente tristi.
Elenco e tracce
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