Gli inglesi Ten diedero vita a questo Spellbound nel 1999. Ricordo che all'epoca ero un quattordicenne metallaro invasato di power metal e, visto il disegno fantasy provvisto di draghi, unicorni e stregoni, si può dedurre che la copertina di questo disco ebbe su di me un effetto magnetico. Quando, una volta informatomi, giunsi a conoscenza che questi Ten erano un gruppo hard rock la presi male ed accantonai i propositi di acquistare il disco... no... non faceva per me.

Passarono gli anni ma quel cantante biondo che, da quel che avevo capito, era leader di questi Ten, continuava ad incuriosirmi. Mi procurai così questo Spellbound e, per la prima volta, finalmente, lo ascoltai.

L'intro strumentale dal nome altisonante "The March Of The Argonauts" mi catapultò dolcemente in un epico e magico mondo con il suo incedere maestoso e melodico grazie ai soli di chitarra di un tale Vinny Burns. La quiete prima della tempesta. "Fear The Force" irruppe dai coni dello stereo con un'esplosione hard rock letale. Impossibile resistere! Preso da esaltazione cominciai a saltellare per la stanza come un matto, estasiato dalle melodie e dal testo esageratamente fantasy del brano. La successiva "Inside The Pyramid Of Light" sembrava proseguire sulle stesse coordinate del brano precedente, forse con un pizzico di potenza in più ma, neanche il tempo di un battito di ciglia, ed ecco che le vibrazioni della titletrack si scaraventarono sui miei timpani impreparati a tale prova. Un riff alla Mr. Big, la calda voce di quel cantante biondo ed un epico ritornello che mi farà urlare a squarciagola "Spellbound" per tutta la casa per la disperazione dei vicini. Coinvolgente e trascinante.
La splendida ballata "We Rule The Night" giunse per fortuna a tergermi il sudore ed a rilassarmi. Le cornamuse di "Remembrance For The Brave" ed eccomi al cospetto di "Red", il più bel pezzo del disco e, forse, di tutta la discografia dei Ten. L'atmosfera mi incita ad impugnare una spada ed a correre sulle highlands scozzesi a combattere per l'indipendenza del mio popolo. Ancora una manciata di brani: "The Alchemist" con il suo distorto incedere, la sognante ballata "Wonderland" che mi fa gettare la spada in favore di uno scottex, utile ad asciugarmi le lacrime e l'accoppiata "Eclipse" e "The Phantom" come fioritura e dimostrazione del valore della band. Ormai stremato, mi appresto all'ascolto di "Till the End of Time", meravigliosa ballata strappalacrime che chiude splendidamente il disco.

In conclusione, il mio entusiasmo è tale da spronare chiunque a dare perlomeno un ascolto a questo "Spellbound". Al suo interno ho trovato delle gemme che albergano tuttora nel mio cuore.    

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