Oscar Garcia, Jesse Pintado (R.I.P.), David Vincent e Pete Sandoval sono i Terrorizer, gruppo leggenda, se mai ce n'è stato uno della saga Grindcore, le maestranze della fabbrica di Death Metal D.O.C; non gli inventori del genere macina tutto, onore che spetta (dicono) ai Napalm Death, non i più longevi, non i più scaltri, ma i più eroici senz'altro.

"World Downfall" esce nel 1989 quando la band non esiste più: Pintado entra nei Napalm Death e Pete Sandoval passa ai Morbid Angel unitamente a David Vincent. Nel corso degli anni questo è stato l'unico full-lenght del gruppo che recentemente ha dato alle stampe, ben dicissette anni dopo, il follow up "Darker Days Ahead" (senza Garcia e Vincent) funestato però dalla scomparsa del chitarrista Jesse Pintado, a seguito di problemi con l'alcolismo. In "World Downfall" troviamo sedici tracce di travolgente Grindcore e Death Metal, a volte disgiunti a volte diluiti, in trentasei minuti di massacro privi di assoli di chitarra, con varie soluzioni affascinanti; si spazia dlla batteria ultra fast al basso corde d'acciaio, dalla chitarra rumorosa come una caldaia alla voce di Oscar Garcia iraconda, dolente, inquisitoria nel declamare testi intrisi di alienazione, di fine del mondo, di avide multinazionali, di guerre atomiche, di crudeltà mescolate nella cover verde petrolio che ammanta il collage di guerriglieri islamici, centrali nucleari e bambini sepolti: sapore aspro simile alle cover di "Scum" e "From Enslavement To Obliteration" della Morte Al Napalm.

Il Grindcore è lo stampede sonico base di tensione e rilascio fra ritmica Thrash e tempi batteristici blast beat aromatizzati dalla produzione Death metal adamantina e grezza allo stesso tempo di Scott Burns e David Vincent. Tutto sembra perfetto fin dall'opener "After World Obliteration" il porto dove salpa crescendo dalla zona del crepuscolo, di dylandoghiana memoria, il muro Death Metal suonato con verve da Pintado, tampinato da Sandoval che dispensa velocità slayeriana mista a dissertazioni hardcore tritatutto e doppia cassa stellare; cementa il tutto il basso tsunami di Vincent mentre romba il turbine Pintado, con miagolio flebile della sei corde in mezzo alla buriana, prima di tuffarsi nel magma blast ferino, chirurgico, celebrato dai piatti che sembrano un mugghio di strike violenti di birilli al bowling. Immenso Garcia con il suo growl potente, gutturale, bestiale, da puma inferocito contro l'onesta società, contro il profitto delle multinazionali ("Multinational Corporations, genocide of the starving nations" cantavano già anche i Napalm Death). Ripartenza con "Storm Of Stress" aperta dal basso tonante e luciferino che ci proietta nelle strade con i nervi a fior di pelle, oppure nel sabba delle streghe o in una grotta di riti voodoo nera come la pece, il tutto sublimato da batteria a macchina da cucire sciroccata.

"Fear Of Napalm" attacca con quiete, ma poi decolla come un jet e ci ubriaca con cambi di tempo entusiasmanti fino al confine di "Human Prey", con il "battito a raffica" più feroce e lungo dell'album, che si innesta senza soluzione di continuità al grido di "Diee, diee, diee" in "Corporation Pull-In" ove "The rich get rich the poor stay poor" e il disagio dilania le carni. "Strategic Warheads" ci scuote con il testo da labbra doloranti, con rullate che appaiono infinite, creative all'inverosimile, ripetute vieppiù su "Condemnem System" valorizzata da Oscar che sbotta un refrain easy ma ficcante, laddove "Resurrection" è Death Metal ortodosso, di grana grossa: un piccolo calo di songwriting. Brano dal cantato eccelso è "Enslaved by Propaganda" con il ruggito che sale scende, a sottolineare i concetti espressi, mentre il drum kit sembra scoppiare di continuo variando il battere e levare spesso e volentieri; non c'è tempo per ossigenarsi che giunge "Need To Live" marchiata da un incipit del buon Oscar, dal vocione impastato più del solito; non così "Ripped To Shreds": una doccia sgangherata di velocità, con altri mini urli della chitarra in chiusura che trapela dal muro metallico a singhiozzare.

"Injustice" è aperta da uno strano riff a vortice, with blast beat a seguire, cambio di tempo e ricongiungimento al tema iniziale: una delizia; ci sono pure due brani opachi "Whirlwind Struggle" con doppia cassa fitta in sottofondo, ed "Infestation", decisamente un filler. Ed ecco la canzone simbolo dell'album, inserita nella compilation "Grindcrushers", l'anthemica e aggressiva "Dead Shall Rise" che è la sintesi perfetta della potenza Grindcore e del suono Death Metal: drumming furibondo e suono della chitarra epico e serrato, senza dubbio l'amica del cuore di "Reek Of Putrefaction" dei Carcass. Incombe la title track in chiusura, più composta e versatile nei ritmi, sghemba nel suo dipanarsi, che sfuma lentamente con Oscar che abbassa il vocione cantando e parlando, con l'amaro in bocca della "Rovina del mondo".

Un album evergreen, fonte di ispirazione per band Grind/Death degli anni '90, suonato da musicisti con il pacco che stavano esplorando territori quasi vergini del metal: l'eredità di "World Downfall" risuona in "Altar Of Madness" dei Morbid Angel e più compassatamente su "Harmony Corruption" dei Napalm Death.

Mitici, unici, incommensurabili Terrorizer, uno dei gruppi che ho amato tantissimo (e adoro tuttora) e che sono stati vicini al mio cuore con la loro musica.

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