S'avvicina il Natale. Nella religione cristiana esso indica - per convenzione - la nascita di Cristo, mentre in altre religiosi, soprattutto pagane, il periodo indica un momento di rinascita, l'allungarsi delle giornate e la ripresa stessa della vita, che, sotterranea, si sviluppa sotto ghiaccio e neve, per mostrare i suoi frutti a primavera.

Senza prendere posizione circa dispute sociologico religiose che non troppo interessano il lettore, mi sembra di poter dire che il Natale indica, scientificamente, una ri-voluzione nel corso delle cose, e, religiosamente (recte: cristianamente), una ri-voluzione nel corso della vita dell'Uomo e di ogni uomo. Il resto è sovrastruttura.

Il film che vado a recensire ben rappresenta, sotto molteplici profili, il concetto di rivoluzione, sebbene, come ogni rivoluzione che si presenta ogni anno (appunto quella natalizia) si ponga in continuità con il passato, rappresentando un futuro possibile, ma non del tutto inconoscibile.

Un cinico e derelitto ubriacone della "fu middle class" americana si travisa da Babbo Natale ed, assieme all'amico nano - travisato da elfo -, presenzia nei supermercanti a messe in scena a favore di bambini consumisti. Il tutto non è altro che un artificio per preparare futuri furti (aggravati da frode) ai danni dei centri commerciali di turno, da consumarsi nella notte di Natale, in cui servizi di sicurezza, dipendenti ed avventori sono impegnati in tutt'altre faccende.

Sennonché il Babbo cattivo (Bad Santa, per l'appunto) conosce, in una delle sue tappe, un bambino talmente tonto da rasentare la deficienza, che lo ospita a casa sua scambiandolo per il vero Babbo Natale. Il ragazzino, paffuto ed imbranato, è infatti abbandonato dai genitori (il padre è in carcere), e dimora assieme alla nonna, afflitta da demenza senile.

Di qui una rutilante illustrazione del rapporto fra cinico truffaldino ed inerme ragazzino, descritto per contrasti fra l'uomo privo di illusioni ed il giovane che vive solo di illusioni e di fantasie: l'uno pronto solo a carpire i rifiuti del consumismo natalizio, rubando nei market, l'altro rispettoso delle piccole tradizioni, ed in attesa dei fervidi doni del Natale; l'uno violento, rissoso, ubriacone, sessuomane, l'altro angelico, timido e vittima degli scherzi altrui. E via dicendo. Alla fine del film, dopo alterne peripezie, tradimenti, pentimenti etc., l'uno troverà nell'altro il padre ormai perduto, l'altro il figlio mai avuto. E forse, una lacrima scenderà sulle lacrime dello spettatore.

La rivoluzione di questo film di Natale va rinvenuta soprattutto nel linguaggio di registri e sceneggiatori (da un soggetto dei fratelli Coen), oltre che nella rappresentazione delle festività natalizie nella calda ed appiccicosa California meridionale.

Siamo insomma lontani dalle finezze dickensiane e dall'oleografia di tanta tradizione dell'Europa centro settentrionale, Italia compresa. Il tutto spiazza lo spettatore, sommerso di turpiloqui e distillati di cinismo (splendida la demolizione, ideologica e fisica, del calendario dell'avvento; altrettanto notevole l'odio del Babbo e dell'Elfo verso i bambini e le loro mamme vizianti), che rendono simpatico questo ennesimo loser del cinema di genere americano, a mio parere memore, almeno indirettamente, del protagonista delle "Opinioni di un Clown" di Böll (libro che vi consiglio di regalare a Natale), nel suo messaggio fondamentalmente anarchico e nichilista.

Credo tuttavia fuorviante qualificare i contenuti di questo film come rivoluzionari, a differenza di quanto sostenuto dalla critica prevalente, come pure da molti altri recensori in internet. In realtà, nel descrivere la sua storia di "decadenza-perdizione-rinascita-purificazione", il film rappresenta in maniera implicita, ma piuttosto conformista, lo spirito del Natale - sia a livello naturale o sociologico che metafisico e religioso - stemperando, nella sostanza, il cinismo della sua forma. Quasi che il regista non avesse voluto trarre tutte le conseguenze derivanti dalle premesse del racconto, dalla natura e dalle iatture di Bad Santa e del supposto amico Elfo, prendendo le parti ideali del ragazzino talmente ingenuo da risultare incredibilmente tonto, obliando anche i torti subiti dallo stesso Bad Santa.

Forse è proprio l'oblio il carburante delle rivoluzioni, probabilmente anche del Natale: se, come diceva il poeta messo in note da casco d'oro, "si muore un po' per potere vivere", allora per poter rinascere a vita nuova si deve dimenticare ciò che è stato - ciò che è morto - riscoprendo un po' di ingenuità. Augurandovi dunque di tornare in-genui, liberandovi di un certo passato (non a caso da in-genuus: libero), vi dedico questa recensione come regalo di Natale.  

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