Sto lì, venti passi in un lato e venti verso l'altro, infagottato da non dirsi, ho più lana addosso di una pecora prima della tosatura. Ho le mani gelate, nonostante abbia messo i guantoni dopo averli lasciati a lungo sul calorifero, prima di uscire: dopo trenta secondi all'aperto, al primo sbuffo di vento, sembra di essere nudi e la faccia, diciamo gli occhi, il naso e le guance, tutto quello che non entra nel berretto invernale che copre anche le orecchie, duole ad ogni folata.
L'elmetto batte ritmicamente sulle chiappe, ad ogni passo, in esatto controtempo con la baionetta che batte sul davanti del cinturone, batte e rimarca, dondolandomi sul culo, la situazione in cui mi trovo: dieci gradi sotto zero, caserma di media grandezza dell'esercito Italiano in un posto qualunque del Piemonte, in montagna, di guardia all'autosezione, primi anni ottanta. Fuciliere assaltatore di vent'anni, esercito della Repubblica, battaglione Nato sempre pronto all'intervento, tre campi al mese, di guardia un giorno sì ed uno no, mai neppure il tempo di posare il Fal in armeria, finito il servizio si esce in marcia, meglio (???) se di notte, persino i Carabinieri dentro le Alfa di servizio, quando ci incontrano in fila indiana che usciamo da un bosco sulla statale alle quattro del mattino, con le facce annerite dal sughero bruciato, armi imbracciate e gli elmetti con la penna mozza, gli sguardi storditi dal freddo, scuotono la testa e bofonchiano tra loro che di matti al mondo ce ne sono, ma come quelli di Pinerolo...
Alzo gli occhi, cielo terso, blu profondissimo e stelle lontane e pulsanti, mezza luna che sembra prendermi per il culo, sono la stessa della scorsa estate a Sestri Levante, sembra dirmi, ricordi, pomiciavi con la tua ragazza sulla spiaggia, sembravi un polpo, mani dappertutto, dal bar all'aperto venivano le note della sua canzone preferita, la ricordi, "Eye in the sky", la ricordi, vero, e guarda un po' dove sei adesso.
Guarda un pò dove sono adesso, mi scappa una bestemmia a mezza voce, ma fa così freddo che mi ritorna sui denti senz'eco, secca. Le dieci e un quarto, ma signoriddio, è passato solo un quarto d'ora dall'inizio del turno, non ce la posso fare. Mi appoggio al Fal che mi pende sul davanti, mi metto un po' sottovento, tra un camion ACP ed una Campagnola scoperta, saranno cazzi dell'autista che stasera ha scordato di chiudere la capote, domani si trova un ghiacciolo a forma di sedile sotto al culo, maledetto imboscato d'un veneto.
Poi la sento: dapprima flebilissima, quasi immaginata, poi un po' più forte. Ecco, mi sta tornando la febbre come ieri, ecco, merda, ora sento anche la musica come in spiaggia a Sestri.
No, la distinguo da qui, è musica, è il sergente dei pionieri, dall'altra parte della caserma, che alle dieci spegne il juke box dello spaccio e attacca lo stereo, mette la musica che piace a lui e nessuno gli può rompere i coglioni. Per un'ora ha l'esclusiva della musica che si sente allo spaccio, poi alle undici si chiude. Vagli a dire qualcosa, a quel valdostano alto due metri che parla così poco, ringhia gli ordini e ti chiede la formazione dei Pink Floyd mentre corri a braccia alzate col Fal sopra la testa, così, per prenderti per il culo, solo che io ed altri due o tre le formazioni "che contano" le sappiamo e lui ride sotto il barbone incolto...
E se ne intende, il sergente, questo è Alan Parsons, perdio, questo è "Sirius", il brano che apre "Eye in the sky", come no, siamo già all'assolo di chitarra, mi son perso metà brano per via di 'sto vento di merda ma ora mi piazzo lì, che si sente meglio, pur se in lontananza e mi godo la fine del brano e l'inizio di "Eye in the sky", missati in modo da fare un tutto unico, ma parliamo di Alan Parsons, Beatles e Pink Floyd, Procol Harum e Roy Harper, che gli manca?
Il brano non è propriamente allegro ma, sarà la depressione causata dal momento non felice, sarà la tristezza di 'sto posto, mi pare ancor più accorato, mi smuove qualcosa in gola quando inizia il refrain di sei note di piano elettrico, e giunge ai limiti delle lacrime, specie quando si alza il volume ed inizia il refrain.
Pare che stasera lo stereo dello spaccio pianga per me, per il mio misero metro e ottantacinque per settantacinque chili, per la mia naja negli alpini, per le mie razioni K mangiate in venti secondi in marcia, senza fermarsi, per i miei caricatori che gonfiano le giberne sulla mimetica, per i miei piedi gelati dentro i Vibram, per le due bottigliette di cordiale pessimo ma forte che tra poco tracannerò, immancabilmente.
E per quella sera d'estate a Sestri Levante, anche per quella, quando non sospettavo l'esistenza del sergente, dei cordiali, dei caricatori da venti e delle bombe Energa, dio najone.
Ora, quasi quarant'anni dopo, risento per caso "Sirius", in macchina, sul lungomare assolato, tra un bambino che lecca il ghiacciolo attraversando ed un indomito corridore sotto il sole a trentadue gradi centigradi, e aspetto come la Buona Novella il momento in cui si fonde nel brano seguente,cerco di concentrarmi sul pezzo, scaccio il pensiero ma niente, mi torna in mente il Fal gelato e il grido del sergente, un mattino alle sei, mentre correvamo sul percorso di guerra ghiacciato, che mi chiedeva urlando se sapevo il nome del bassista dei Doors, e dopo che, senza perdere il tempo dei salti negli pneumatici, io gli avevo gridato che un bassista i Doors non l'avevano mai avuto, era scoppiato in una bestemmia e mi aveva sbraitato contro "Ma pure questa, sai, bastardo... ti sei evitato venti flessioni sul ghiaccio..." tra l'invidia dei compagni che dei Doors non sospettavano l'esistenza, certi che venti flessioni sul ghiaccio non se le evitavano neanche se crepavano lì, al buio delle sei di mattina, in una caserma di media grandezza dell'Esercito Italiano in un posto qualunque del Piemonte, in montagna.

Il rock serve, nella vita, mica balle, ditelo a mio padre, ditelo. Con buona pace del sergente, della mia ragazza e di Alan Parsons.

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