Da molti considerato il più bel disco live della storia (insieme a "Live Dead" dei Grateful Dead), "Live at Fillmore East" rappresenta la prima testimonianza ufficiale su nastro degli show spettacolari della formazione originale dell'Allman Brothers Band.
Registrato nel 1969 nel famoso Fillmore East di San Francisco, il disco ci presenta i fratelli Allman delle origini (cioè prima della prematura scomparsa di Duane Allman e Berry Oakley). Accompagnati sul palco da Dickey Betts alla seconda chitarra, dallo stesso Berry Oakley al basso, da Jai Johanny Johanson e Butch Trucks alla batterie e percussioni, i fratelli Duane e Gregg Allman danno vita a un concerto davvero memorabile.
Il pubblico è in delirio e la band si muove tra brani propri e cover d'autore lasciandosi andare all'improvvisazione e prolungando fino allo spasimo i pezzi.
Si parte subito alla grande con "Statesboro Blues" vecchio blues di Blind Will McTell, che la band rende suo e suona con grande trasporto (il pezzo diventerà l'opener song di tutti i prossimi concerti della band). Davvero un ottimo biglietto da visita per il gruppo dove le chitarre slide di Duane e Dickey si intrecciano in un'amalgama denso e potente, coadiuvate dall'hammond e dalla voce roca di Gregg, che imprime al brano un forte sapore sudista.
Degno di nota è sicuramente il lavoro all'armonica di Thom Doucette, grande amico del gruppo e qui in veste di ospite.
I toni non calano nemmeno con la più rilassata "Done Somebody Wrong", altra cover, questa volta di un pezzo di Elmore James, dove sono le pause e i continui stacchi a farla da padrone. Grande lavoro delle due batterie che ben si integrano l'un l'altra aiutate anche dal basso di Oakley davvero sopra le righe.
I tempi si rallentano con "Stormy Monday" vecchio slow blues di T Bone Walker e terreno ideale per le evoluzioni dei nostri e in particolar modo della voce di Gregg, che sui pezzi lenti si mostra in tutta la sua bellezza e intensità.
Primo vero highlight della serata è "You Don't Love Me", cavalcata blues anch'essa caratterizzata da numerose pause e ripartenze. Ma la vera perla è l'assolo centrale di chitarra ad opera di Duane: quasi dieci minuti di pura e vera magia, dove la slide del chitarrista sale alta fino in cielo e leggiadra poi ricade sulla terra. Da mozzare il fiato. (Non per altro Duane viene considerato come uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi).
Vagamente santaniana è "Hot'lanta", la prima canzone del gruppo suonata in questa serata, dove fanno bella mostra di sé le due batterie in un mini assolo davvero di effetto. Cinque minuti tra musica latina, blues e improvvisazione tanto per ribadire la grande abilità strumentale e la versatilità del gruppo. Abilità stumentale che trova il suo terreno ideale nel prossimo pezzo.
Si tratta di "In Memory of Elizabeth Reed" forse in assoluto il più bel brano scritto da Dickey Betts. Una canzone meravigliosa, in questo frangente allungata fino a toccare i 13 minuti e in cui blues e jazz trovano il loro naturale conniubio. Spettacolari gli assoli di chitarra, con un lavoro da fine cesellatore sia da parte di Duane che di Dickey. Una canzone davvero meravigliosa, uno dei manifesti sonori della prima Allman Brothers Band, dove gusto per la melodia, ispirazione e improvvisazione la fanno da padroni.
Finale incadescente con "Whipping Post" altro brano del gruppo, presente sul primo omonimo disco della band. Versione da brivido con tutto il gruppo che jamma alla grande fino allo spasimo. Una versione lunga 23 minuti di puro southern rock blues nello stile della band.
Insomma un posto leggendario, una band leggendaria per un live album leggendario.
Inimitabile.
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