"È scientificamente testato che l'orgasmo di una donna, in termini uditivi, viaggia su di una frequenza che raggiunge l'orecchio maschile indipendentemente dal volume di rumore di contorno".

Questi ragazzi avranno pensato ad una cafonata del genere quando hanno deciso di mettere in piedi questa band ultraderivativa chiamandola per giunta "Atomic Bitchwax". La copertina del loro primo disco sta lì e parla da sola. Una dichiarazione d'intenti composta di poche parole: 'figa' e 'puro volume'. In sostanza la lezione dei Monster Magnet è acquisita in pieno ma resa al contempo più dinamica, più fantasiosa e piacevolmente più cazzona. Blues, rock, boogie, psichedelia, stoner e i riferimenti allo sci-fi e al 'robot' che faranno scuola in seguito sono qui perfettamente enucleati e poi amalgamati tra loro; un ponte tra la musica dei '70 e la reinterpretazione della stessa nei '90. Meno dura dei Fu Manchu e meno ossessiva dei Kyuss, più creativa dei Monster Magnet e più visionaria dei Nebula. Questo è il sunto, nient'altro.

Solo il disco che metteresti a tutto volume nello stereo della tua macchina in una bella giornata di sole. Così che la Panda Young targata LT ferma al semaforo in Via Tuscolana angolo Via Palmiro Togliatti assomigli un po' di più ad una Dodge Plymouth Roadrunner color giallo-canarino lanciata nel deserto del Mojave. Qualche flash mentre alzi le marce e fai tuonare il motore. "Stork Theme" sembra nascere come ipotetica coda pensata nel bel mezzo dell'assolo di Bonzo in Moby Dick: la batteria va, bassista e chitarrista si guardano, afferrano le birre sopra i rispettivi amplificatori, un paio di sorsi poi qualcuno fa "Oh, come ripartiamo quando la batteria chiude il solo?". Semplice, sintetizzando trent'anni di rock sfascione in due minuti e ventotto secondi tutti strumentali: un'apertura con nebbie di feedback come i viaggi di un'astronauta sabbathiano, quindi riff pestone, refrain di batteria - si affacciano immancabili i quarti scanditi dal campanaccio ma dura un attimo - poi assolo anzi 'assoli'... basso e chitarra ognuno per i cazzi propri a fuzzare e muffare l'ambiente e la batteria che vira stavolta sui tom, come un'elicottero che scende in picchiata per sganciare il napalm. "Ok, buona così! Cut up! Via il solo di batteria e iniziamo direttamente il disco con la seconda entrata". L'imprinting agli Atomic Bitchwax è suggellato. In "Birth To The Earth" solo dopo un minuto e mezzo di bastardissimo rifferama hard parte il cantato: avete presente come si riesce e sfiatare e seccare in gola la voce sulle frequenze alte? Un mix di onesta incapacità mista a sana cattiveria; favoloso. "Crazed Fandango" latineggia con la chitarra mentre il basso – perennemente distorto in overdrive, fuzz, tube, phaser e wah mescolati alternativamente!- funge da sfollagente in mezzo a quest'epilettico ballo. E cosa succede dopo i tre minuti iniziali di "Gettin' Old"? Come è nato 'sto cambio di tempo? Gli accordi sono semplicemente scemi eppure tutto funziona alla perfezione. Olio, motore, benzina e propulsione. Una vagonata di idee, nuove vecchie, originali o copiate, citate, riadattate, riarrangiate, insomma fate voi. Tutto è talmente ben suonato che le sfumature si fanno labili e rimane solo il groove, potente ed esaltante. A un certo punto li senti addirittura sbagliare clamorosamente il tempo e un intero pattern va a puttane, così ti immagini 'sti quattro ragazzotti che ridono di gusto per qualche stupida stronzata proferita dal batterista mentre erano tutti in cuffia a registrare. Lasciano la take così com'è: ottima e bravi tutti.

Mi piacciono i dischi che ti fanno sentire un sapore in bocca, un gusto sotto il palato e una qualche vibrazione nello stomaco. Oppure un'immagine, un suono che sia capace di proiettare figure e colori nella testa mentre l'ascolti. Per viaggiare su una frequenza che penetri l'orecchio femminile, scaldando entrambi.

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