Non è mai facile dire "Basta!" quando serve, ci vuole determinazione e non tutti ce l’hanno. Rick Danko, Levon Helm, Garth Hudson, Richard Manuel e Robbie Robertson nel 1976 l’ebbero e dissero "Basta, è finita!". Insieme decisero la fine di uno dei gruppi rock più importanti di quel periodo: The Band. Nessuno sa bene perché si sciolsero, probabilmente furono gli anni passati insieme, diventati ormai una carriola colma di bellissimi ricordi e nostalgie, un sogno da interrompere prima che potesse diventare un incubo. Forse fu solo la stanchezza per sedici anni di tournée in giro per il mondo o più semplicemente la consapevolezza che le cose possono cambiare. E stavano cambiando per davvero, la New Wave e il Punk erano infatti alle porte. Ma poco importa il perché di una fine quando la si scrive in questo modo, con serenità, allegria e tanta classe.

Scelsero una data, 4 dicembre 1976 il giorno del ringraziamento, e un luogo simbolico il "Winterland" di San Francisco, città nella quale sette anni prima avevano tenuto il loro primo concerto con il nome "The Band". Poi chiamarono degli amici, semplicemente alcuni dei musicisti più influenti di quella generazione: Bob Dylan, Neil Young, Dr John, Joni Mitchell, Muddy Waters, Van Morrison, Eric Clapton, Ringo Starr, Neil Diamond, Ronnie Hawkins e tanti altri. Il tutto per realizzare un’idea semplice: tornare al punto di partenza e abbandonare le scene alla grande con un concerto che celebrasse una fine e un nuovo inizio. Decisero di intitolare questo concerto "The Last Waltz", un ultimo valzer da ballare insieme a coloro che amavano per salutare il pubblico sorridendo, senza rimpianti. Il ricordo di quella serata, inoltre, sarebbe stato impresso per sempre su una pellicola dall’immenso Martin Scorsese.

E oggi, guardando a quasi trent’anni di distanza le immagini di quella serata, è difficile rimanere distaccati, non solo per la coinvolgente, vitale e sincera bellezza della musica, ma anche per la forza simbolica di questi fotogrammi che hanno fissato indelebilmente nel tempo alcune icone di un passato ormai volatilizzatosi. Vedere Dr John con quel faccione sorridente da giovane babbo natale sballato fa sorridere e sentirlo suonare fa capire quanto sia stato grande. E quanto era meravigliosa in quel tempo Joni Mitchell? Basta vedere queste immagini, che ce la regalano nel suo splendore all’apice della carriera. Poi come è possibile non emozionarsi nel rivedere Neil Young prima che il tempo inesorabilmente lo aggredisse, rendendolo la controfigura di sé stesso? E sentire quanto la voce giovane e energica di Van Morrison fosse capace di spaccare il cuore? E i brividi dinanzi a un Bob Dylan versione seventies in forma smagliante? Gli stessi che regala l’esibizione del leggendario Muddy Waters capace di dare vita a un blues di quelli che contorcono l’anima, facendo capire che gente così non ce ne è più in giro. Così come non c’è oggi un gruppo sanguigno come "The Band" in grado di trasportare nella sua musica quell’immediatezza ora in forma elettrica, ora acustica, di un rock con radici profonde, lontane.

Mi sembra quasi superfluo sottolineare il valore musicale di questa straordinaria serata, dovrebbe bastarvi sapere che la visione di questo concerto fra rock, folk, blues si vive con passione, tutta d’un fiato. Molto si deve anche alla splendida regia di Martin Scorsese ed all’idea di intercalare le immagini musicali con interviste ai componenti del gruppo. Certo si potrebbe anche acquistare il ricco cofanetto con le registrazioni su cd di "The Last Waltz", ma secondo me non è possibile prescindere da questo film per avere un’idea precisa di cosa sia stato: un vero evento. Peccato solamente che il coraggio di quella scelta svanì sette anni dopo, quando avvenne la riunione del gruppo, senza però Robbie Robertson. Ma, una volta ballato l’ultimo valzer, non fu mai più la stessa cosa.

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