Allora, la storia comincia con una certa Sally intenta a percuotere fucili; in inglese, Sally Beats Rifles.

Ora, fosse per colpa mia che di inglese masticavo poco o di quelle capre dei dj radiofonici che si esprimevano nella lingua di Shakespeare come un qualsiasi Biscardi perso tra un denghiu ed uno sgub, fatto sta che per lungo tempo per me i Fucili-Del-Celibato furono Sally-Percuote-I-Fucili.

Sfido che riuscii a mettere le mani su un loro disco dopo un'eternità; per non dirvi delle facce dei commessi di Disfunzioni Musicali quando gli chiedevo notizie sul nuovo disco dei Sally Beats Rifles, quello con il riff di chitarra che faceva ta-ta-da-ta-ta-ta-da-da e che passava sempre Radio Rock in quei giorni, e per cercare di farmi capire meglio gli mimavo pure un devastante assolo di air guitar.

Macchè, i Sally Beats Rifles non li conosceva nessuno; ed io mi vantavo come un bulletto, gonfiando il petto per l'orgoglio che un gruppo così fenomenale lo conoscevo solo io.

Furono quei maledetti del Mucchio Selvaggio a spezzare l'incantesimo nel 1987, recensendo «Kiss Kiss Bang Bang» e mandando a puttane la mia pretesa supremazia in fatto di cultura musicale underground. All'epoca avevo 16 anni e la traumatica rivelazione mi ha segnato per la vita, tanto che un paio d'anni dopo misi su un gruppetto che prese nome proprio Sally Beats Rifles; e se a qualcuno di voi, tra la fine degli Ottanta ed i primissimi Novanta, è toccata la ventura di imbattersi in quattro mattacchioni che giravano sotto tale sigla, potrà un giorno raccontare a figli e nipoti di aver avuto la fortuna di conoscere Pinhead nel momento di massimo splendore.

Ma bando a questo sentimentalismo d'accatto e vai con i Celibate Rifles.

Che gran gruppo ragazzi, che grandissimo gruppo!

Troppo punk per gli hippy e troppo hippy per i punk lo erano in origine gli Only Ones, ma il motto calza alla grande anche per i Celibate Rifles, che degli Only Ones rifanno pure «City Of Fun» a testimoniare di affinità stilistiche ed elettive assai profonde. Sfuggenti ed eclettici, praticamente impossibili da definire, non li troverete segnalati in nessuna guida di nessun genere: le uniche volte che mi sono imbattuto nel loro nome è stato sfogliando la storica «Enciclopedia del rock psichedelico» e recentemente in un articolo dedicato ai dischi fondamentali del rock australiano.

Perché sì, i Rifles vengono dalla terra dei canguri e sono adoratori della divinità pagana Radio Birdman, solo che nella loro interpretazione il proto-punk in puro stile "Detroit 1968" degli Uomini-Uccello è trasfigurato in visioni oniriche, saliscendi vorticosi, pieni e vuoti, momenti di requie alternati a furia devastatrice, fino a perdere qualsivoglia ben definita fisionomia e trasformarsi in un magma sonoro che tutto avvolge dolcemente e poi travolge con violenta brutalità, lo smack smack di un bacio appassionato seguito dall'esplosione di un proiettile sparato dalla canna di un fucile, «Kiss Kiss Bang Bang» appunto: fate vostri l'esordio «Sideroxylon» ed il successivo «The Celibate Rifles» (meglio noto come «5 Languages») e mi saprete dire.

«Kiss Kiss Bang Bang» è invece il disco meno straniante del gruppo, quello fatto di punk puro e duro, al 100%.

Registrato dal vivo al CBGB's nell'estate del 1986, il disco allinea tredici episodi fulminanti e tirati come mai accaduto nelle sessioni in studio; a partire dalla triade iniziale, da quella «Back In The Red» che è uno dei vertici della produzione del gruppo, e poi «Temper Temper» e «JNS», tra punk a manetta, spudorate dichiarazioni d'amore ai Birdman ed acidità à la Died Pretty colti all'epoca di «Mirror Blues» suppergiù, fino ad una «Carmine Vattelly (N.Y.N.Y.C.)» che toglie il fiato per impeto e violenza, lungo otto brani che lasciano spossati; in mezzo, le splendide «Pretty Colours» (uno stacco ed un finale che da soli valgono l'intera discografia della totalità dei gruppi "alternativi" dai '90 ad oggi) e «New Mistakes» (con al centro un crescendo che è adrenalina allo stato puro), ballate intrise di un roccaccio stradaiolo quasi come i New York Dolls, solo molto più incarogniti.

Questo è punk, evoluto quanto si vuole, ma punk senza la minima ombra di dubbio; per di più, di livello stratosferico, e lì a dimostrarlo c'è il battito incalzante di «Some Kinda Feeling».

Quello che però stende definitivamente è il finale: cinque brani, uno più bello dell'altro, il successivo sempre più appassionato ed appassionante di quello che lo ha preceduto.

Si parte alla grande con la menzionata «City Of Fun», omaggio sentito agli Only Ones, dai perdenti di oggi ai perdenti di ieri, new wave tramutata in punk'n'roll tirato a mille all'ora, cori da sballo e distorsioni ed un feedback finale che bruciano la pelle.

E poi un  altro omaggio, quello ai più grandi, e ditemi voi: avete mai sentito un tributo ai Birdman più emozionante di «Conflict Of Instinct» e «Sometimes» sparate una dopo l'altra, per culminare nella ripresa da brividi lungo la schiena e lucciconi da offuscare la vista di «Burn My Eye»?

Io l'ho sentito: è «24 Hours (S.O.S.)» e chiude questo fumigante live, imponendosi come il più bruciante riff di tutto l'aussie rock alla pari di «New Race».

Tanto per dire, era di «24 Hours (S.O.S.)» il riff che storpiavo davanti agli allibiti commessi di Disfunzioni Musicali; ed era sempre di «24 Hours (S.O.S.)» il riff sui cui si chiudeva immancabilmente ogni esibizione degli immensi Sally Beats Rifles.

Se solo ne fossero al corrente, i Celibate Rifles ne sarebbero orgogliosi.

Elenco e tracce

01   Back in the Red (03:00)

02   Temper Temper (02:26)

04   Pretty Colours (03:18)

05   Nether World (03:34)

06   Some Kinda Feeling (02:37)

07   New Mistakes (03:26)

08   Carmine Vattelly (N. Y. N. Y. C.) (01:46)

09   City of Fun (02:52)

10   Conflict of Instinct (03:05)

11   Sometimes (03:34)

12   Burn My Eye (01:21)

13   S. O. S. (01:57)

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