C'è stato un periodo, lungo più o meno sette anni (diciamo tra la pubblicazione di "Simpatico", disco che li aveva riportati in top ten dopo il fallimento commerciale di "Up At The Lake" del 2002, e la rinascita con il bellissimo "Modern Nature" di due anni fa) nel quale i Charlatans sembravano smarriti, fuori fuoco ed in balia di un crescente declino artistico, forse inevitabile.

La morte del batterista Jon Brookes nel 2013 non ha di certo aiutato, ma ha dato la spinta per una rinascita artistica fortemente cercata e voluta dai restanti elementi della band. Il succitato "Modern Nature" ha riportato in auge il nome dei Charlatans, perlomeno in UK, sia artisticamente che commercialmente, e ora il gruppo capitanato dal biondo Tim Burgess tenta il colpo del KO per essere definitivamente (anche se probabilmente non ce n'è più bisogno) inserito tra i grandi, vecchi classici del rock inglese.

E che l'artiglieria sia di quella pesante lo si intuisce dalla carrellata di ospitate di peso per questo nuovo "Different Days": l'ex batterista dei Verve Pete Salisbury (in pratica il rimpiazzo principale di Brookes), Stephen Morris e Gillian Gilbert dei New Order, Anton Newcombe dei Brian Jonestown Massacre, lo scrittore Ian Rankin, Nik Void dei Factory Floor, Donald Johnson degli A Certain Ratiom, addirittura Johnny Marr (alla chitarra per tre brani) e Paul Weller (che co-firma la stellare ballad di chiusura, "Spinning Out", oltre a suonarci il piano e duettare con Burgess alla voce).

Nonostante l'incredibile dream team messo in campo, "Different Days" è un disco essenzialmente e profondamente Charlatans: nei suoni, nella scrittura, nella calda voce di Tim Burgess e nel solito e ormai iconico tessuto sonoro impreziosito dalle tastiere di Tony Rodgers. A partire dallo stellare singolo "Platic Machinery" (uno dei pezzi suonati assieme a Marr, insieme a "Not Forgotten" e la titletrack, tra l'altro i migliori brani del lotto), questo nuovo album rielabora e mette insieme le migliori influenze della band britannica e le ripresenta come se fossero in vetrina, come a dire "questi siamo noi, nel bene o nel male, ed è così che vogliamo essere considerati e ricordati".

Tante le cose belle da segnalare, come il caldo abbraccio dominato da sognanti chitarre acustiche di "Hey Sunrise", al pop rock dritto per dritto di "Solutions" (con Morris e Void) fino al tocco più moderno (ma non troppo) della suddetta titletrack e di "Over Again".

Gran bel ritorno, che sa tanto di definitiva consacrazione, per una band mai abbastanza considerata ed incensata. Che bello risentirli così in forma.

Traccia migliore: Different Days

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