A cosa serve l'arte se non a sconvolgere? Lo dice(va) il Bowie dei tempi migliori, di qualche Ziggy ed Alladin fa con la semplicità di chi ormai è leggenda. E noi siamo d'accordo con questa frase? Molti (dei pochi) prenderanno sicuramente quella citazione come un credo,un marchio di fabbrica. Con la musica della Cinematic Orchestra passiamo, semplicemente dalle parole ai fatti.

Siamo nel 1999. La musica più mainstream ha ormai perso il vigore di un tempo,quando vendita e qualità erano quasi un connubio, della serie quantità e qualità. L'ascoltatore è in un contesto dove l'arte quella lì che sconvolge deve andarla a trovare chissà dove, perchè spesso si tratta di musica indipendente o semplicemente troppo matura (musica colta e non) ed è proprio in questa ricerca che mi sono imbattuto nella Cinematic Orchestra. Cercavo qualcosa, di degno di nota che unisse le influenze dei vari generi musicali in un'opera che conservasse però compattezza ed ho trovato tutto ciò in "Motion". Sette tracce a partire da quell'incipit sognante e misterioso di "Durian" (Vocal) dove l'ensemble formato da ben sei elementi sfoggia un brano che riesce a coniugare atmosfere vagamente jazzate (ma non jazz) grazie anche all'uso di tromba e contrabbasso (una costante per la cinematic) che assieme al tappeto sonoro costruito dai suoni campionati e la voce che saltuara riecheggia come una scheggia impazzita ci fiondano in una dimensione surreale. Una mezione particolare alla parte conclusiva del brano dove il tutto si trasforma in un fluire funkeggiante.

Un altro elemento importante nella musica  della Cinematic è quest'aria quasi etno, un pò Calexico che riecheggia soprattutto grazie a quel drumming serrato di Luke Flowers che in "Ode to the big sea" arrichisce le sonorità lounge del pezzo con un solo di batteria breve ed efficace. "Night of the Iguana" è sicuramente un brano più lungo (tredici minuti) dei precedenti e molto più prolisso, complice un'atmosfera molto più visionaria che in precedenza dove si ritaglia uno spazio incredibilmente un solo di sax che anzichè rappresentare la nemesi di un pezzo fortemente elettronico ne diventa un valore aggiunto. La vetta del discorso musicale intrapreso in "Motion" si chiama "Chanel 1 suite", dove la miscela esplosiva tipica dei cinematici raggiunge il suo climax in un pezzo dal grande impatto, suggestivo ed anche alienante. "Bluebirds" ed "and relax" si muovono su binari opposti,più duro e sperimentale il primo che ricorda a grandi (ma proprio grandi) linee i Nine Inch Nails di "The Downoward spiral" (se non altro per quella batteria così "industriale") più etereo il secondo,molto più simile ad un trip, ad un viaggio lisergico nella sua formalità di brano elettronico. Con "Diabolus" termina e non a caso "Motion". E' forse il pezzo più ambizioso dove il sax e la tromba escono dalla dimensione in cui nei brani precedementi li avevano relegati e creano un'atmosfera se possibile ancora più eterea che in precedenza. Io ci vedo un collegamento lontano ma vivido con "Will o the wisp" di Miles Davis ("Sketches of Spain") se non altro per quell'atmosfera iniziale che è quasi orchestrale. "Motion" termina così.

Un album, un macigno dove l'atmosfera è talmente forte e suggestiva da far male. Ma non è ciò che volevamo? Stando a ciò che dice(va) il nostro White Duke direi proprio di si.

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