In occasione del Taormina Arte '05, per l'unica data italiana del tour estivo 2005, i Cure si sono esibiti in uno dei posti più belli d'Italia, anzi d'Europa, il Teatro Greco-Romano di Taormina, la perla del Mediterraneo!
Per questa occasione Rob Smith cambia (ennesima volta) la line-up dei Cure. Perry Bamonte (chitarra) e Roger O'Donnell (tastiere) sono "rimpiazzati" (e in che modo!!!) dall'ex chitarrista dei Cure, Porl Thompson, cognato di Smith. Una scelta alla vigilia azzardata (che ha sorpreso/preoccupato molti fan) in quanto molte canzoni dei Cure si snodano su atmosfere e melodie che implicano l'utilizzo di tastiere. Alle ore 21.27, in lieve anticipo, i 4 Cure entrano sul palco e le gremite ed emozionate gradinate del piccolo teatro esplodono in un boato di gioia... è l'inizio di un evento indimenticabile!
È ovviamente Open ad aprire il concerto, e quando Rob intona “I really don’ t know what I’ m doing here” tutti rispondono dentro di loro “invece lo so eccome!”. Ci vengono regalate subito due perle del repertorio Cure, la potente e rabbiosa Fascination Street (da Disintegration) e la malinconica A strange day (da Pornography) con Thompson che con l’assolo di metà canzone squarcia il nuvoloso (purtroppo!) cielo siciliano. Si va avanti con: alt. end, The Blood e The End of the World, ben suonate, soprattutto the blood, poi è la volta di una versione lunghissima, coinvolgente, magica di Shake dog shake, dove Jason Cooper si diletta in emozionanti passaggi di batteria. Dopo la mediocre Us or Them è la volta dei capolavori che hanno segnato la mia e tante altre esperienze musicali… i Cure ci regalano una di seguito all’altra A Night Like This, Push, Just Like Heaven, A Letter to Elise, Lullaby. È una mezz’ora incredibile dove tutto il teatro è immerso i un’ atmosfera surreale, catartica, che solo un concerto dei Cure riesce a creare. Tocca poi alla frizzante Never Enough risvegliaerci da questa sensazione di smarrimento… dove però ricadiamo con le successiva The Figurehead. E’ il momento più alto di tutta la serata (a mio parere). La batteria dark e il basso cupo di un Gallup in serata di grazia, disegnano un’atmosfera surreale, onirica e tutto il teatro è immerso in questo mare di sensazioni… Smith cambia addirittura il testo cantando per l’occasione “sicilian girls” invece di “american girls” . From the Edge of the Deep Green Sea, Signal To Noise (una delle B-Sides preferite da Smith) e The Baby Screams ci portano al momento cult di ogni concerto dei Cure… è la volta di One hundred years. La voce di Smith è triste, lancinante, e le chitarre distorte dei 2 chitarristi sembrano urle di dolore, sofferenza, rassegnazione…
La prima parte del concerto si chiude con Shiver and Shake ed End. Dopo pochi minuti i Cure rientrano sul palco per il primo encore e ci regalano alcune perle tratte da 17 seconds; la prima è At Night, poi M, Play For Today e A Forest. Le prime due rendono molto di più che nel disco, ma non entusiasmano mentre i classicissimi Play for today e A forest riescono come al solito a scatenare la gioia, le urla, il movimento del teatro intero… che SPETTACOLO! Per il secondo encore, i Cure ci riportano al dvd della trilogia suonandoci e incantandoci con If Only Tonight We Could Sleep e The Kiss. Inizia così il momento più pop del concerto; Rob e soci rientrano per la terza volta e ci deliziano con Inbetween Days, Friday I'm In Love e Boys Don't Cry cantate da tutti quanti dal primo all’ultimo verso.
Sembra finita e quando Robe soci se ne vanno la sensazione che ci manchi ancora qualcosa è forte… infatti poco dopo i Cure rientrano sul palco e cantano Faith (bellissima ed emozionante), Three Imaginary Boys, Grinding Halt, 10:15 Saturday Night, Killing An Arab… il teatro è una bolgia, i Cure suonano da Dio, l’ atmosfera è semplicemente… INCREDIBILE! Da sottolineare che nel rit, di Killing an Arab Robert canta “Kissing an Arab” e “Loving an Arab” invece di “Killing an Arab”…
Il concerto si chiude dopo più di tre ore… IRRIPETIBILE!
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