“We're in Europe, it's great as always. Vienna and Zurich were great, but Milan, holy fuck, Milan, absolutely amazing show. We hadn't played there in almost eight years or so and it was absolutely incredible. We won't take so long next time.”

Anche Greg si complimenta e gioisce per il concerto tenutosi a Milano questo 3 febbraio.
Come dargli torto.

Parto alle 19, circa, attento a non portarmi dietro nulla: un cellulare di 10 anni fa per le emergenze, e basta: mi accontento di rompermi le ossa, sotto al palco, gli oggetti meglio lasciarli a casa.
Arrivo in quel del Circolo alle 20, forse anche prima, e già è pieno di gente davanti ai cancelli, in attesa di entrare. Nell'attesa riesco a trovare alcuni amici miei accorsi da varie regioni d'Italia per l'evento. Ogni tanto aprivano i cancelli per poi richiuderli immediatamente dopo, distruggendo ogni speranza di noi poveracci al freddo. Mi dicono che molti son rimasti ad aspettare fino alle 10 inoltrate, ma io approfittando di una corsia laterale (a quanto pare per i già tesserati) son riuscito ad entrare prima delle 9; ad avere la stessa fortuna siamo stati una ventina massimo.
Dentro mi dirigo direttamente al banchetto del merch: maglie a maniche corte e lunghe (di cui una bellona!), e cosa più importante (si fa per dire) tale “Download card”: La compri a dieci euri e puoi aggiudicarti il download legale del nuovo album "Option Paralysis" con l'aggiunta di 3 bonus tracks. Fiko, no? Molto nerd come cosa.
Dentro perdo di vista i miei amici. E sticazzi, aggiungerei, sto aspettando che inizi il concerto dopotutto.

Subito vedo il palco interno per gli opener, e, tramite i proiettori sui muri, quello esterno per i Dillinger.
Secondo la locandina, dovrebbero suonare i Cubre per primi. E invece l'esibizione d'apertura della serata se la beccano tali Hierophant (quelli italiani, da non confondere con l'omonimo side-project dei Man Is The Bastard). Sicuramente ben preparati, ma dopo due o tre canzoni già cominciavano a risultare abbastanza monotoni. Il cantante aveva una gran voce, bella potente, ma dal tono troppo monocorde! Senza contare il basso davvero troppo poco valorizzato rispetto alle chitarre (ma io son di parte).
Dopo una buona mezz'ora, forse anche di più, scendono dal palco per dare il cambio ai Cubre, forse il primo gruppo a suonare questo genere (post-hardcore?) in Italia: Quando suonavano loro i gruppi ai quali vengono paragonati -i Dillinger, appunto, su tutti- dovevano ancora eplodere (il primo materiale del gruppo risale al '98 circa e il primo mini al '99, stesso anno di Calculating Infinity).
Purtroppo sulla loro esibizione posso dire ben poco, dopo le prime canzoni mi sono allontanato per guadagnarmi posto nel palco esterno (già abbastanza pieno), cosa che però alla fine non ho fatto subito.
Alla fine il tendone comincia a riempirsi, verso le 11 era già così pieno che come ho fatto ad entrarci non lo so.

Fuori dal locale, nell'area fumatori, è affisso un cartello che citava una frase del genere:
"Si avvisa il pubblico che il Magnolia non si prende la responsabilità, durante il concerto dei Dillinger Escape Plan, dei danni provocati dagli stessi a cose e/o persone."
Paurissima.

Verso le 11 e mezza, finalmente, salgono sul palco i Dillinger, soprattutto si nota il nostro amato Puccy con addosso la sua classica felpa (chissà che caldo), che presto getterà da parte. Partono in quarta con una nuova canzone in anteprima, tale "Good Neighbor". Non avendola mai sentita prima, posso solo dire che ha un bel tiro, e che soprattutto ha il pregio di essere riuscita a catapultarmi dalle ultime alle prime file in pochi secondi!
La setlist è, a detta degli stessi, la loro più lunga di sempre: ben 18 canzoni, per quasi un'ora e mezza di musica (solitamente, mi dicono, la durata dei loro live si attesta sui 40 minuti).
Dopo la nuova canzone, si continua con "Panasonic Youth", tratta da Miss Machine, e la coppia "Fix Your Face" / "Milk Lizard" dall'ultimo (per ora) Ire Works. E sotto il palco è già macello, c'è più gente sopra le teste degli altri che sotto a momenti.

E poi, e poi... Uno degli highlights della serata: già dall'intro son riuscito a scorgere quella "Sugar Coated Sour" (da Calculating Infinity) che ha fatto letteralmente strage sotto al palco (e mi ha quasi fatto perdere un dente, ma cosa più importante mi ha fatto retrocedere verso metà tendone! :'( ), che se fossi riuscito a mantenere la mia posizione non so cosa mi sarebbe successo.
Durante il live a Greg si strappa pure la maglia e la getta (fortuna o sfortuna? Direi entrambe) sulle prime file, senza contare la sua abitudine di aprire una bottiglietta d'acqua, berne un sorso e gettarla sul pubblico (“Molto comunista come cosa” - cit. di un mio amico); una di esse mi colpisce pure in testa, roba da tramandare ai posteri!

Il live va avanti tra alti e altissimi con canzoni quali "When Good Dogs Do Bad Things" (con sommo rammarico, l'unica dall'EP Irony Is A Dead Scene), "Black Bubblegum", "Sunshine The Werewolf", "Horse Hunter" e "Lurch", mettendo in mezzo a queste altre due canzoni nuove: per prima una che non so proprio quale fosse, per seconda la ormai nota "Farewell, Mona Lisa", ben accolta dal pubblico e pure cantata da molti. Durante questa un temerario s'è alzato dalla folla e ha cantato dentro il microfono di Greg, il quale gli ha pure dato una pacca d'approvazione ed elargito un sorrisone come la madre al figlioletto (“E Greg è un'ottima mamma”).

La serata si chiude con l'immensa "43% Burnt", ed è delirio, sotto e sopra al palco. Confusione, mazzate, Puciato fuso col pubblico (e ha tentato di camminare su qualche testa) e un attimo dopo tornato sul palco per appendersi alle transenne superiori (dove figuravano anche i tubi al neon, che storia).
Ma sopra ho detto che la serata si è chiusa. Solo apparentemente, infatti subito dopo tornano sul palco per suonare “Three More Fuckin' Songs”. Uno si aspetta altre mazzate e... E niente. La prima delle tre canzoni è una cover: per la precisione Head Over Heels dei Tears For Fears! No, nemmeno in chiave hardcore, proprio fedele all'originale con un Puciato in versione cantante ghei (e contrapposto sia al suo fisico sia alla canzone cantata poco prima, la cosa mi ha fatto sorridere non poco). Poi le mazzate sono arrivate davvero con "Destro's Secret" e, forse, "The Running Board". Dico forse perché, insomma, chi durante un concerto dei DEP si mette a pensare a che canzone stan suonando in quel momento? Solo io, ovvio.

Beh, che altro dire? Ben Weinman è il mio nuovo dio, dopo la sua piroetta sul pubblico imbracciando ancora lo strumento e continuando comunque a suonare, non potrebbe essere altrimenti. Uscendo ho anche visto un'ambulanza e non ho potuto trattenermi dal pensare che a qualcuno era andata male. Brutto modo di tornare a casa.
Otto anni, ben otto anni per riavere i Dillinger Escape Plan a Milano.
N'è valsa la pena, di aspettare.
Eccome.

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