Mai stato particolarmente attratto dal fascino della malinconia, men che meno dai “memento mori”, da quel tipo di introspezione “autocommiserativa”. Sono sensazioni che tendenzialmente ho sempre cercato di evitare, o comunque assumere a dosi moderate, opportunamente miscelate con additivi come l’ironia, o la teatralità, cose così; questo vale sia per la vita che per le mie scelte in ambito musicale. Non mi sono mai preso troppo sul serio e mi sta benissimo così, ma quando ci si trova davanti ad una melodia come questa, ad un testo come questo, è inevitabile fermarsi per un momento, pensare, riflettere. E c’è un lato di me che si rispecchia in questa “poesia”, che la sente profondamente.
Le origini dell’aria tradizionale generalmente nota come “Carrickfergus” si perdono nella notte dei tempi, bisogna risalire a poeti irlandesi del ‘700, se non prima; non c’è invece alcun dubbio su chi l’abbia resa immortale e introdotta nell’immaginario collettivo. Sono stati i Dubliners, leggendaria folk band irlandese, anno 1975, album “Now”; dopo di loro ci hanno provato molti altri ma, almeno per me, l’unica versione che conta è la loro. Perché una voce come quella del recentemente scomparso Jim McCann è quanto di meglio ci possa essere per interpretare un pezzo del genere, lui l’ha interpretata senza alcuna velleità di protagonismo, con sobrietà e slancio lirico. Un tramite perfetto per ogni singola parola, parole che “attraversano” l’ascoltatore, trapassandolo metaforicamente da parte a parte.
E la nostalgia, i ricordi di tempi più felici, il luogo a cui si appartiene, l’amore, tutto sembra ormai lontano, irraggiungibile; in momenti così l’unico spiraglio di luce può venire da dentro sé stessi, ed è la luce fioca e malinconica di questa melodia di assoluta e intramontabile bellezza.
“But I'll sing no more now til I get a drink
Cause I'm drunk today and I'm seldom sober
A handsome rover from town to town”
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