Ad ormai sette anni dal disastroso ed incomprensibile esperimento a cappella di “Rant”, nell’universo indie si consuma un’altra attesa reunion, quella dei Futureheads di Ross Millard.

Il leader della band di Sunderland ha combattuto diversi anni contro un disturbo bipolare, e come facilmente immaginabile la cosa ha pesantemente influenzato l’andamento della carriera del quartetto britannico, che adesso tenta il rilancio con questo nuovo “Powers”.

Nessuna sperimentazione, stavolta, e per fortuna: i quattro ex ragazzi prodigio tornano alle chitarre serrate ed angolari che fecero la loro fortuna all’inizio della scorsa decade, ed in particolar modo del loro esordio-capolavoro eponimo. Chiaramente la freschezza e l’ispirazione non possono essere quelle di dieci anni fa, ma il grado di convinzione è ottimo e Millard e soci confezionano un ritorno con tutti i crismi.

Aperto dallo scuro e serrato lead single “Jekyll”, il lavoro prosegue con la maggiormente mid-tempo “Good Night Out”, un singolo davvero catchy ed immediato (aiuta molto una leggera patina weezeriana nella melodia). “Animus” è, a mani basse, la miglior cosa uscita dai Futureheads da anni; secca, concisa, perfettamente guidata dalle chitarre di Millard e Hyde.

Chitarre che tornano a scozzarsi tra di loro come ai bei tempi in diversi episodi più che convincenti (“Headcase”, “Don’t Look Now” ed il terzo singolo “Listen, Little Man!”), e anche quando i ragazzi spingono leggermente l’acceleratore sul lato derivativo (“07:04” è in forte odor di Strokes, “Stranger In A New Town” omaggia gli Elbow mentre la strepitosa scarica rabbiosa di “Across The Border” è come se provocasse un incidente frontale tra i Blur di “Modern Life Is Rubbish” e il primissimo The Streets”) intrattengono eccome.

“Mortals” chiude con una leggera spolverata di kraut, e non c’è un solo istante di noia in questo “Powers”, un disco divertente, ben scritto e suonato con convinzione.

Un album che dona di nuovo freschezza alla band britannica, che riparte con la marcia giusta e fa sperare in un futuro meno turbolento.

Miglior brano: Animus

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