Dal Manuale dei Giovani Migliori Premier degli ultimi centocinquanta anni (Walt Disney edizioni):

Grande Opera [gràn-de ò-pe-ra]

Dicesi "Grande Opera" una qualche grandiosa - o almeno storicamente ritenuta tale - impresa compiuta dai più grandi condottieri dell'Età Contemporanea, ovverosia gli ineffabili Giovani Migliori Premier degli ultimi centocinquanta anni, nel corso del loro mandato. Non solo. La "Grande Opera" è infatti vera e propria condizione indispensabile e imprescindibile allo status [vedasi, a tale proposito, le voci del Manuale: Hiroshima et Nagasaki, Vietnam Laos e Cambogia, Abissinia, Afghanistan e Iraq etc etc].
Negli anni, tuttavia, un gruppo di illustri letterati ha studiato a fondo la questione e ha deciso di riformulare la definizione e il concetto di "Grande Opera", senza necessariamente stravolgerlo. La ridefinizione nasceva sulla base di questioni storiche e storicamente disputate, e dallo studio delle biografie, delle vicende, dei fatti di quelli che possiamo considerare i veri e propri progenitori - seppure oggi mummificati piuttosto che botulinizzati e/o plasticati - dei Giovani Migliori Premier degli ultimi centocinquanta anni, i Giovani Migliori Faraoni degli ultimi centocinquanta anni avanti cristo. E' oggi allora una "Grande Opera" una qualche grandiosa - o almeno storicamente ritenuta tale - impresa o costruzione compiuta dai più grandi condottieri dell'Età Contemporanea, ovverosia gli ineffabili Giovani Migliori Premier degli ultimi centocinquanta anni, nel corso del loro mandato.
Sono moderne Grandi Opere grattacieli, imponenti basi militari e portaerei, soprattutto ponti, piuttosto che piramidi e/o mausolei, costruzioni oggi oggettivamente antiquate e poco attuali. Ma non facciamone una questione di buon senso, che questa caratteristica è notoriamente mancante tra quelle del buon Giovane Migliore Premier degli ultimi centocinquanta anni, quanto piuttosto una questione logistica e/o modernista. La costruzione dei ponti soprattutto è oggi, sebbene forse inflazionata, la Grande Opera di più facile impatto sul seguito, solitamente poco indottrinato e parecchio abbrutito dalla televisione e pure dai computers, del Giovane Migliore Premier degli ultimi centocinquanta anni. Essa sola, difatti, appare non solo quale magnificente opera architettonica, ma pure come una vera e propria sfida dell'uomo - nonostante le apparenze, il Giovane Migliore Premier degli ultimi centocinquanta anni - contro la Natura. Solo essi, i Giovani Migliori Premier degli ultimi centocinquanta anni, moderni Odisseo Ulisse o Nessuno che dire si voglia, hanno l'ardire di sfidare le onde e i maremoti. Affrontano i mostri marini Scilla e Cariddi nelle acque dello stretto di Messina.

Pico de Paperis

Probabilmente le grandi opere sono la più manifesta rappresentazione di quanto il sistema democratico occidentale sia tutto sommato poi davvero poco democratico e rappresentativo-partecipativo quanto piuttosto mera attestazione e riconoscimento nemmeno troppo burocratico della detenzione dei poteri da parte di esponenti degli storicamente forti poteri del mondo della finanza e degli affari, del business, dei mass media e delle telecomunicazioni, della mafia. E' curioso, a margine, constatare quanto tutti questi poteri forti talvolta possano coincidere in un solo gruppo di persone/una sola persona.
Allorquando e per non tirarla troppo per le lunghe, giacché in altrui sede fui accusato di scrivere "spataffioni" e pure poiche è risaputo che - come cantava Guccini qualche anno fa - "a spataffioni non si fanno rivoluzioni, si possa far poesia", come ci suggerisce il Manuale di cui sopra, la grande opera per eccellenza e più inflazionata, quella che più fa colpo nel facile immaginario della italica collettività soprattutto, è il ponte. No, lasciate per un attimo da parte Ponti Carlo in - a proposito di mummie... - Sofia Villani Scicolone Lorena. Ce le avete presenti quelle imponenti strutture in metallo volte a consentire il superamento di una corrente d'acqua o di un qualsiasi altro ostacolo? Bene, quelle.
E quale ponte, tra tutti, può fare più breccia nei cuori della popolazione italofona se non il fantomatico e famigerato Ponte sullo stretto di Messina? Cuore del per la verità - norme ad personam a parte - nemmeno troppo chiaro programma del governo Berlusconi, la costruzione di codesto ponte (sono già stati avviati i lavori preliminari) finalizzata, com'è noto ai più, a unire la Calabria e la Sicilia, ci appare a tutti noi miseri mortali parecchio inutile. Se non alle tasche di un qualche diciamo fortunato e imprecisato costruttore e della mafia - aggiungerei, sempre a margine, che stranamente, sovente, spesso gli interessi di queste due categorie coincidono. A tale proposito, sempre noi miseri mortali, possiamo certo sostenere che: A. Il ponte costerà un bel po' di euro, che, specie questo anno, in tempo di crisi e con la grande moria delle vacche come voi ben sapete punto, due punti abondandis in abondandum [etc etc] B. La costruzione del ponte sarà una soluzione nemmeno troppo più pratica del miglioramento di flotta/e e/o infrastrutture stradali e autostradali volte a collegare la Sicilia con il resto d'Italia. Vedasi ad esempio la disgraziata e famigerata Salerno-Reggio Calabria - a tale proposito, mi stupisce nessuno abbia ad esempio mai suggerito la costruzione di un magnifico ponte che da Salerno porti magicamente a Reggio Calabria, ma tempo al tempo. C. Gli attuali tempi di percorrenza dello stretto non sono assolutamente mostruosi come li si dipinge. E questo è un fatto. D. In questo paese del cazzo, è risaputo che i lavori vengono sempre fatti male. E. La mafia sentitamente ringrazia. F. Facciamoci tutti una bella "grattata", ma lo sanno pure i tonni - che per la verità sono animali abbastanza intelligenti oltreché saporiti - che la Calabria meridionale e l'area dello stretto di Messina sono zone ad elevata sismicità. G. Il futuro Ponte Silvio Berlusconi DeLuxe permetterà a codesto personaggio di passare, persino geograficamente e strutturalmente, alla storia.

E' evidente che, come spesso accade (e strizzo l'occhio a chi, come il sottoscritto, ha una certa dimestichezza nel manipolare corpi femminili pure molto aggraziati e ben fatti), il punto G è quello che più ci interessa. Ci basta infatti dare una veloce lettura al Manuale per capire bene quanto possa essere fondamentale lanciarsi nella costruzione di una grande opera, quale ahimé potrebbe essere il Ponte sullo stretto di Messina, per un personaggio notoriamente discutibile e deplorevole. Di certo codesta costruzione gli permetterà, oltre che di probabilmente soddisfare parecchi altri interessi primariamente e secondariamente collegati a tutti i punti dalla A alla F, di passare alla storia più geograficamente e strutturalmente piuttosto che per le sue innumerevoli e note malefatte. D'altronde la storia, è tristemente noto, la scrive chi vince e chi detiene il potere e di infami costruzioni di ponti che portano il nome di mesti e infausti personaggi è piena la storia e nemmeno è necessario attraversare l'Atlantico o viaggiare all'indietro nei secoli dei secoli per scovare qualche esempio di disonestà architettonica. Vi racconterei brevemente una storia che ha a che fare con l'Adriatico e con due ponti. Una storia che parla di una Grande Nazione che oggi non esiste più e che una volta si chiamava Jugoslavia. Di una guerra assurda e sanguinaria benedetta da un papa buono (figuriamoci gli altri...) come Giovanni Paolo II. Della Bosnia e di una cittadina chiamata Mostar e della Croazia, che piace tanto ai turisti italiani e allo Stato Pontificio, e di una cittadina di nome Dubrovnik. Di un ponte dalla bellezza immortale, lo Stari Most, bombardato proprio dalle forze secessioniste croate nel 1993 e solo di recente (luglio 2004)  ricostruito, e di un ponte assolutamente inutile in funi d'acciaio che collega i due lati di un fiordo (un'area altrimenti percorribile in quindici venti minuti di automobile) una volta bellissimo e che è un vero pugno in un occhio. Concluderei la storia dicendovi che questo ultimo ponte porta il nome di Franjo Tudman. Niente altro che un fottuto criminale di guerra, antisemita, fascista e naturalmente (che tristezza...) parecchio amato da gran parte dei suoi compaesani. Ma probabilmente questa storia la conoscete già. E ne conoscete molte altre come questa.

A questo punto, poiché tutto ciò è terribilmente irritante, vi racconto la storia di un altro ponte. Ma dobbiamo partire da lontano.

C'erano una volta, diciamo dal 1978 al 2006 seppure con nel mezzo una sostanziosa "pausa di riflessione" durata all'incirca dieci anni, i Go-Betweens da Brisbane (Queensland State, Australia), meravigliosa creatura di due cantautori capaci e ispirati come ce ne sono stati pochi altri negli ultimi venti o trenta anni, i signori Robert Forster e Grant McLennan. Autori di una discreta quantità di dischi di ballate per lo più crepuscolari e moderatamente dark, i due sono - seppure forse comunque troppo "ignorati" - a ragione e generalmente considerati tra i massimi esponenti della musica pop-rock australiana. La band raggiunge il tanto agognato successo una volta di stanza a Londra, negli anni ottanta - dove tra le altre cose sono compari di bisboccia di Nick Cave e dei suoi "ragazzi" - quando tra il 1983 e il 1988 mette in fila una seria di Lp niente male: Before Hollywood, Spring Hill Fair, Liberty Belle and the Black Diamond Express, Tallulah, Sixteen Lovers Lane. Codesto ultimo disco in particolare, registrato a Sydney tra il 1987 e il 1988 e uscito pochi mesi prima dello scioglimento della band, viene considerato come il loro massimo successo e lavoro migliore.
Tuttavia, fortunatamente e fortunosamente, all'inizio del nuovo millennio Forster e McLennan, che negli anni hanno tentato con alterne fortune qualche lavoro solista, decidono di rimettere insieme la band e riescono pure a fare tre nuovi dischi, The Friends of Rachel Worth, l'ivi non troppo brevemente recensito Bright Yellow Bright Orange e il buono Oceans Apart, ultimo - e purtroppo destinato a rimanere tale - disco dei Go-Betweens pubblicato nel 2005. L'anno dopo, infatti, la band si scioglierà nuovamente, e questa volta per sempre, in seguito al decesso di Grant McLennan in data 6 maggio 2006 mentre tutti i suoi fan hanno ancora nelle orecchie le ballate malinconiche e evocative dell'ultimo lavoro della band, che a questo punto acquista un valore più ampio e diviene vero e proprio "testamento" di Grant McLennan a tutti quelli che hanno amato (e amano) i Go-Betweens.

Bright Yellow Bright Orange, invece, sono dieci piccole e meravigliose canzoni registrate nell'estate del 2002 tra i Sing Sing Studios di Melbourne e il Paradise Studio di Sydney. Forster e McLennan, accompagnati da Adele Pickvance alla chitarra basso e da Glenn Thompson alla batteria, firmano, come è consuetudine, tutte e dieci le canzoni. Ne esce tutto fuorché uno sporco lavoro. Bright Yellow Bright Orange forse non è un capolavoro, ma poco importa, perché il disco funziona. Dentro ci sono i Go-Betweens in tutte le loro più o meno molteplici forme. Quelli scanzonati di "Caroline & I" (no Cappio, questa volta la Caroline di Berlin non c'entra proprio niente) e "Too Much Of One Thing", quelli più orecchiabili di "Poison in the Walls" e "Make Her Day", quelli più evocativi e malinconici di "Crooked Lines", finché non arriviamo ai due ottimi pezzi di chiusura del disco, "Something For Myself" e "Unfinished Business", una delle canzoni più dolorose dell'ultimo decennio, una di quelle che se non altro ti fa capire che i Go-Betweens avevano altro ancora da dire e ci continueranno a mancare.

Comunque anche questa storia, come la parabola dei Go-Betweens, ha una fine. Brisbane, come più o meno ogni città di derivazione anglosassone che si rispetti, è attraversata dall'omonimo fiume, il Brisbane River, che scorre per circa 344 chilometri nel sud del Queensland prima di andare a finire nella Moreton Bay a una cinquantina di chilometri di distanza dalla città di Brisbane. Nel luglio del 2008 è stata avviata la costruzione di un ponte sul Brisbane River, che dovrebbe terminare proprio in questo periodo. La scelta del nome è stata lasciata a una votazione popolare effettuata telematicamente sul sito http://www.namethatbridge.com/ e a vincere è stato il nome che omaggiava la più famosa e importante band di Brisbane: Go-Between Bridge - per la verità è stato scelto questo nome anche perché il ponte sarà utilizzato to easily "go between" Milton and South Brisbane, ma questi sono dettaglia, suvvia! - e, sebbene questo "omaggio" non colmerà la mancanza di questa simpatica band australiana, ci rallegra sapere che almeno questo ponte non porta il nome di qualche più o meno famigerato "caino" della storia dell'umanità.

A questo punto non lo so se c'è una morale in tutta questa storia. Certo non facciamoci ingannare e diciamocelo pure chiaramente: la costruzione del Ponte sullo stretto di Messina è una vera porcata. Anche perché, sarà bene farsene una ragione, se pure - magra consolazione - ci lasciassero scegliere il nome dubito che a qualcuno passerebbe per la testa di chiamarlo "Federico Fiumani Bridge".

Elenco e tracce

01   Instant Replay (02:41)

02   Woman Across the Way (02:54)

03   The Locust Girls (03:24)

04   Girl Lying on a Beach (03:21)

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