Ciao a tutti. Prima recensione, quindi, scuse anticipate per eventuali errori, banalità e pipponi soporiferi.
A volte mi capita, catturato da un particolare, una copertina, un titolo, un nome, un'intuizione, di ascoltare gruppi di cui non so nulla. "Grapes of wrath" è il titolo originale di "Furore" di John Steinbeck, uno dei romanzi più potenti del secolo scorso. Mi aspettavo musica neo-folk americana, musica da bivacco, chitarre acustiche, voci impastate e un bel falò. E invece parte l'irresistibile battimani di "Good To See You" con la sua melodia così spensierata e mi dico "bravo stronzo, ora ti vai a cercare su di loro tutto quello che puoi trovare su Wikipedia".
Sono canadesi, intanto. l'Eldorado del rock indipendente da almeno un lustro. Altra dimostrazione che una curiosità onnivora si porta dietro sempre anche un retaggio di pregiudizi e vizi di forma; questi ex-ragazzi sono in giro dagli anni '80, questo è il loro primo disco da 13 anni però. L'intero disco infatti è una botte di buon vino lasciata invecchiare, odora di metà anni '90 ed è veramente piacevole risentire certe atmosfere chiaramente post grunge.
Il riffone morbido e micidiale di chitarra che apre "Isn't There" sembra uscire direttamente da Document dei migliori Rem, "Mexico" un singolone radiofonico per chitarra surf e ritornello coinvolgente. "Paint You Blue" poi è un bignami del rock alternativo metà anni '90: basso pulsante e martellante, batteria con fantasia al potere, chitarre distorte molto pesanti ma un ritornello orecchiabile e che si fa ricordare facilmente.
Non aspettatevi toni duri e spigolosi comunque, la voce rimane sempre sospesa tra il rarefatto e l'ammiccante, anche nei momenti più potenti come "Make It Ok" non si abdica al gusto della melodia elegante. Eleganza Mccartneiana anche nel distico "I'm Lost (Miss You)" e "Take On The Day", malinconica ballata per piano elettrico e voce la prima, agreste e bucolica melodia per chitarra acustica la seconda.
"Broken" e "None Too Soon" mantengono alto il registro del disco, che si dimostra anche pregevolmente omogeneo, se non fosse per una brutta caduta di stile come "Picnic", che ricerca a tutti i costi un arrangiamento fintamente moderno e con un suono troppo sintetico che stona con l'immediatezza sanguigna delle altre canzoni.
C'è spazio ancora per un'altra ballata sognante "Waiting To Fly" , voce ancora più eterea, chitarre scintillanti e basso ancora sugli scudi, niente di clamorosamente innovativo, specie nel coro che si trascina con fatica oltre i sei minuti, ma risulta comunque gradevole per l'atmosfera che riesce a creare. Così come la conclusiva "Sad Melodies" , un finale inaspettatamente bucolico e molto anni '70, una canzone semplice semplice ( Ma Mark Knofpfler se la farebbe bastare per almeno due album , per dire...).
Quindi direi una bella sorpresa. Anche perché certe sonorità che sembravano ormai sepolte sono decisamente una bella riscoperta, un cd che in 45 minuti non annoia grazie ad una formula molto raffinata, suonata in modo eccellente e soprattutto con voglia. 13 anni dall'ultimo cd, e questi Grapes of Wrath, perlopiù sconosciuti, danno una lezione di stile a chi vuol tornare a far musica per forza senza aver nulla da aggiungere (vero David Bowie?).
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