Non ho trovato specifiche a riguardo, ma è successo: i nostri non sono più segnati sotto la Now Again. Doveroso dirlo, li ho scoperti raspando lì dentro, e senza solcare pregiudizi o insinuare con il piglio di chi pensa male dico una semplice cosa: si sente. Bon, chiusa parentesi.

E che dir, brillante evoluzione di qualcosa in evidente espansione: i paragoni con le realtà cosmiche non rimbalzano casuali. Una cosa si sa, un disco degli eliocentrici non riesce a tenere i piedi per terra, al massimo uno solo, il giusto per raccattare frammenti etnici che si sbriciolano prima di ancorarsi al sole e procedere all’espansione. Ora, fissato il sistema di riferimento è possibile descrivere il moto dei corpi.

2017, a dieci anni dopo l’esordio, A World of Masks è innanzitutto un titolo familiare che accolla la loro ultima avventura sonora. Nessuna collaborazione, nessuna veste da invidiabile backing band, niente meno che i puri Heliocentrics speziati dalle istrioniche danze vocali e non della slovacca Barbora Patkova. Ecco la grande novità, un furbo inserimento nella miscela ad alimentare le fiamme di un suono che sembra coagulare sempre di più negli anni. Linee vocali che non fungono più da meri samples, ma quando possono si pongono alla testa della processione. Eppure le innumerevoli influenze bazzicano nei soliti lidi, ed il jazz, la psichedelia, il funk creano un cubo di rubik color galassia, perdendosi nell’astrattismo del krautrock laddove l’hip hop diventa trip-hop.

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L’impressione è quella: l’espansione del loro suono sembra dar vita ad una struttura che meno si perde sulle masse free form delle precedenti uscite, pur mantenendo lo spirito della jam che pervade ogni delirio. E posto al centro del moto, Malcolm Catto continua a rappresentare una autorevole giunzione sinaptica per ogni singolo tassello della band a formare un affermato baluardo di questa musica sperimentale. Strumentazione varia ed estesa, tra violini, clarinetti, percussioni, chitarre noise, wah, pedaleria varia e suoni atemporali che conferiscono al quadro una cornice senza bordo.

Ma a parte questo, la felicità sta anche nel concerto di inizio mese in cui ho avuto il piacere di capitare. La presentazione di questo disco è sicuramente quanto di più godurioso in ambito live l'ultima annata mi abbia fino ad ora regalato, tra estasi vocali a decorare i cosmici grooves e le folli improvvisazioni che colorano una serata infrasettimanale. Il fatto che non fossimo nemmeno una cinquantina non sembra aver scoraggiato l’ensemble. Purtroppo niente vibrafono e contrabbasso per l’occasione, ma la mia lei era bellissima, l’indica era bbona e l’assenza di merchandise mi ha concesso un paio di birre in più.

Ormai dedico l'acquisto compulsivo di dischi a poche entità musicali, direi che qui rientriamo alla grande.
Ora lascio il disco a ruota, tanto finisce come inizia.

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