Se avete bisogno della vostra dose quotidiana di tastiere brianwilsonesche e vagheggiate ancora (nonostante il clangore delle vetture giù in strada) di voci donaldfageniane su melodie bacharachiane, se siete sempre in attesa di una nuova canzone, di un'esile e furtiva combinazione di melodia e beat che vi faccia voltare il capo verso l'amplificatore del domestico marchingengo sonorodiffusivo e farvi dischiudere la bocca in una specie di vocale sferica (la "o" di stupore). Se avete bisogno anche voi di canticchiare talvolta una irresistible melodia, non potete fare a meno di prestare l'orecchio agli High Llamas.

Progetto rutilante nato nel 1992 dalle ansie propulsive di Sean O'Hagan (chitarrista e cantante), ex componente dei misconosciuti Microdisney che si dissolsero (per fortuna) alla fine degli anni '80 e ora coinvolto nei progetti degli Stereolab, gli High Llamas sono pressoché la promazione dei sogni del loro fondatore. Ripetizioni melodiche, dispiegar d'archi, elettronici gorgheggi, incursioni di strumenti atipici, giostrine retrò. Tutto in una specie di frullato fuori da ogni tempo.

Nel doppio cd "Retrospective, Rarities & Instrumentals" vengono esposte canzoni e frammenti strumentali dei primi nove anni della loro carriera. Nella messa a punto della raccolta, Sean O'Hagan ha pescato tra i brani dei cd ufficiali (dal disco d'esordio "Santa Barbara" del 1992 fino a "Snowbug" del 1999) ma ha anche inserito side-B e bonus track mai apparse su disco in Europa. Ci sono le venature jazz di "Bach Ze (Edit)", la irresistibile cantabilità di "Checking In Cheking Out" o la malinconia acustico-elettronica di "Apricots" e infine il pianismo limpido di "The Dutchman". Come se davvero i Beach Boys e gli Steely Dan si fossero fusi in una sola big band.

Gli High Llamas camminano al pari di funamboli sulla corda tesa che separa lo stucchevole mondo della airport music da quell'incomprensibile e caledoiscopico universo della popsong d'autore. Si misurano in un arte insospettabilmente difficile (scriveva il funambolo Philip Petit: "Il filo non è ciò che si immagina. Non è l'universo della leggerezza, dello spazio, del sorriso. E' un mestiere. Sobrio, rude, scoraggiante."). Gli High Llamas camminano su quel filo. Senza (quasi mai) cadere.

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