E' sempre un piacere ascoltare un gruppo come gli Slough Feg, fieri esponenti della scena USA più classica. Attivi ormai da oltre vent'anni, i Nostri sono una garanzia per chi è amante delle sonorità più tradizionaliste, constantemente in bilico tra un grezzo hard rock, heavy di scuola anni Ottanta e atmosfere epic e folk

Se da un parte le radici musicali di Mike Scalzi e soci sono palesi, dall'altra va loro riconosciuto come siano riusciti a creare un universo sonoro e concettuale come pochi, personale e forse proprio per questo difficilmente smerciabile, relegando di fatto il gruppo ad una nicchia ristretta di fedeli ascoltatori. 

Formazione rigorosamente quadrangolare come tradizione richiede, zero tastiere e con l'ascolto che è dettato dal rincorrersi delle chitarre, da un rocciosa e sincompata sezione ritmica e da una voce stentorea ed evocativa. Detto così il tutto potrebbe non risultare troppo originale, e forse non vuole nemmeno esserlo, ma quello che apparentemente potrebbe essere il solito gruppetto di seconda fascia, ad un'analisi più attenta si rivela una formazione di grande spessore, con una discografia lunga ed articolata, e che in più di un'occasione ha goduto del supporto di etichette di tutto rispetto come Dragonheart ed ora, finalmente, anche di un colosso come Metal Blade. 

Da un punto di vista puramente concettuale gli Slough Feg si muovono in un universo estremamente vasto, che va dalla mitologia celtica ai giochi ruolo fino ai fumetti fantasy, l'ideale per far sguazzare le visioni di Scalzi, autore che vuole essere libero da qualsiasi restrizione, sia di genere che di tematica. "Voglio scrivere una canzone alla Motorhead? Parlerò di moto. Voglio parlare di altro? Non scriverò una canzone alla Motorhead". Semplice, no? Ciò che stupisce, infatti, è come, anche dopo dieci o quindici anni di attività, i quattro riescano ancora a scrivere album validi, solidi e piacevoli, senza scadere in soluzioni di maniera o risultare scontati, forse anche grazie alle mille fonti di ispirazione di Scalzi, capace, come detto prima, di dedicarsi per anni al celtismo per poi passare, di punto in bianco, alla fantascienza. "I Celti? Carini, ma ora mi sono stufato". Un talento torrenziale, quindi, con uno stile di scrittura facilmente riconoscibile, con brani che spesso sembrano vere e proprie filastrocche, musicalmente spesso slegate da qualsiasi forma canzone o comunque dalla rigorosa alternanza strofa-strofa-ritornello-ecc-ecc. Quante volte quello che, ad un ascolto disattento, potrebbe apparire come un semplice cambio di tempo in realtà si rivela essere l'inizio del brano successivo o una canzone si conclude "sfumando" nella successiva? 

"Down Among the Deadmen" è uscito nel 2000 ed è solitamente considerato uno dei loro lavori migliori. E' finora l'ultimo in cui sono presenti quei temi almeno in un primo momento tanto cari a Scalzi, ovvero quelli del mito e del celtismo, che sarebbero stati abbandonati da lì a breve: peccato che i testi non siano introdotti da delle righe esplicative, in quanto, oltre a capire che con ogni probabilità ci si trova di fronte ad un concept, molto spesso non è troppo chiaro chi siano i vari personaggi tirati di volta in volta in ballo o quali siano gli avvenimenti narrati. Qualche riga introduttiva avrebbe forse potuto coinvolgere maggiormente l'ascoltatore, ma a leggere le varie interviste rilasciate con gli anni sembra che lo stesso Scalzi non sia troppo interessato alla cosa, visto che ultimamente non sta nemmeno più pubblicando i testi delle canzoni nei libretti dei cd. 

Ascoltando gli Slough Feg si ha l'impressione quindi di ritrovarsi di fronte a ciò che l'heavy metal, almeno nella sua concezione più classica, dovrebbe essere: pochi schemi preimpostati, tanta musica e molta fantasia. Un gruppo che, paradossalmente proprio per la gran libertà con cui scrive, è destinato a restare appanaggio di pochi, ma dall'altra parte sembra che al Signor Scalzi vada benissimo così. Almeno un ascolto sarebbe doveroso, potreste rimanere piacevolmente sorpresi e di sicuro non vi ritroverete davanti all'ennesimo clone degli Stratovarius. 

The Lord Weird Slough Feg:

Mike Scalzi, voce e chitarra

Jim Mack, basso (su brano n. 13)

Jon Torres, basso 

John Cobbett, chitarre

Greg Haa, batteria

"Down Among the Deadmen":

1. Sky Chariots

2. Walls of Shame

3. Warriors Dawn

4. Beast in the Broch

5. Heavy Metal Monk

6. Fergus Mac Roich

7. Cauldron of Blood

8. Troll Pack

9. Traders and Gunboats

10. Psionic Illuminations

11. Marauder

12. High Season

13. Death Machine

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