La critica maggiore che si potrebbe fare a Wayne Hussey e ai suoi Mission è di non essere riuscito a scrollarsi del tutto di dosso nella sua carriera l’enorme peso di 'First and Last and Always', di cui, insieme a Gary Marx era stato il principale autore di tutte le parti musicali. Forse proprio per questo motivo, per il despota Andrew Eldritch risultava più semplice staccarsi in modo netto dalla goticità e straziante malinconia dell’opera prima dei Sisters of Mercy, e forse di tutto il dark rock, sperimentando sonorità più elettroniche e liquide nel successivo “Floodland”.

Il riflesso dell’opus di debutto delle sorelle, per Wayne fu, invece, molto più difficile da metabolizzare, forse anche per una scelta consapevole dello stesso chitarrista, nel riproporre nel disco di debutto dei suoi Mission un coacervo di suoni gothic rock che si rifanno molto a 'First', soprattutto, e ovviamente, negli arpeggi di chitarra, conditi da sperimentazioni pop, ballate sinfoniche e richiami sonori che si rifanno alla cultura degli Indiani di America (caratteristica che li accomuna ai Cult). Un disco (Gods Own Medecine) che, tuttavia, non può non entrare nel cuore degli amanti delle danze macabre del debut dei Sisters of Mercy.

Ascoltato superficialmente e limitandosi ad un’analisi puramente di facciata, il successivo “Children”, suona a metà tra le solite influenze ancora legate ai tempi andati con Eldritch ed il periodo gothic rock dei Cult, ossia prima che si intestardissero con il tipico hard rock americano di matrice ottantiana legato a Led Zeppelin, Aerosmith e AC/DC.
Ma, provando a sentire le canzoni che compongono l’album senza pensare a derivazioni o influenze di altri dischi o altri gruppi, si possono immaginare deserti infiniti da percorrere in solitario, notti passate a strimpellare la chitarra in compagnia di nativi americani ballare i loro rituali davanti al sacro fuoco, sensazioni di melanconico piacere che ti accompagnano nella scoperta dei meandri più profondi del tuo inconscio. Tutto ciò grazie soprattutto ai timbri vocali decadenti di Hussey ed alle sue inconfondibili melodie evocate strumentalmente.

L’opener “Beyond The Pale” avrebbe potuto stare tranquillamente in “Love” dei Cult come dimostra del resto il riff di chitarra che richiama “She Sell’s Sanctuary”. Gothic rock romantico che ti coinvolge inesorabilmente. Il riff della successiva “A Wing and a Prayer” richiama, invece, alla mente quell’incredibile pezzo post-punk creato dai Sisters of Mercy che corrisponde al nome di “Alice”, ma il punto di contatto è limitato solo a questo, visto che “A Wing and a Prayer” è la classica song alla Mission, pregna di melodia aggraziata dai vocals di Hussey e dalle tastiere.
Tastiere che la fanno da padrone anche in “Fabienne”, gran pezzo, quasi hard rock, che continua la tradizione che vede sia Hussey che Eldritch scegliere spesso come titolo per le loro canzoni nomi di donna (Alice, Marian, Lucretia, Severina). Seguono la ballate “Heaven on Earth” e “Tower of Strength” che sembrano suonate sotto il chiaro di luna nel freddo della notte desertica, ventosa e più buia della pece. Assolutamente struggenti.

Si ritorna al classico stile Mission con “Kingdome Come”, contraddistinto dai tradizionali arpeggi di chitarra e accompagnati da cori coinvolgenti sul tappeto dolcemente melodico delle tastiere. Più ritmata e rocckettara “Child’s Play”, anch’essa di stampo quasi hard rock, ma mantenendo i riflessi gotici romantici che segnano l’avventura della band. Ancora una ballata, ed ancora una emozione. “Black Mountain Mist” ti prende inesorabilmente e ti accarezza soavemente, grazie soprattutto ai duetti tra Hussey e la voce femminile di accompagnamento.
Il vero e unico punto debole di “Children”, a mio parere, è costituito da “Dream On”, cover della celeberrima canzone degli Aerosmith, suonata in modo troppo lento e con la voce di Hussey che, obiettivamente, non ha molto a che fare con la song in questione perché troppo diversa da quella di Steven Tyler. Altra tipica canzone alla Mission è “Heat”, altro bel pezzo anche se ricorda in una certa misura “ Little Face” dei Cult nella parte del coro. Chiude l’opus “Hymn (for America)”, anch’essa caratterizzata, come “Fabienne” e “Child’s Play” da chitarroni suonati in chiave hard rock. Caratteristica che ne diviene la più marcata differenza tra “Children” e l’album di debutto “Gods Own Medecine”.

In conclusione, permettetemi di dire che anche se i Mission non hanno inventato niente ed, anzi, hanno tratto sapientemente ed abbondantemente da bands quali Sisters of Mercy di 'First and Last and Always' (cosa questa del tutto ovvia vista la provenienza di Hussey) e i Cult dei primi due albums, le sensazioni che scaturiscono da “Gods Own Medecine” e da questo “Children” sono tali da farli assurgere a gruppo imprescindibile per gli amanti del genere (come, del resto, è dimostrato anche dagli ottimi dati di vendita di questi due dischi al tempo in cui uscirono). Sensazioni che, purtroppo, la band non è riuscita a riproporre nei successivi lavori.

Elenco e tracce

01   Iron Man (04:09)

02   N.I.B. (04:13)

03   War Pigs (04:41)

04   Paranoid (03:00)

05   Sweet Leaf (04:10)

06   Sabbath Bloody Sabbath (03:56)

07   Wicked World (03:44)

08   Fairies Wear Boots (03:11)

09   Children of the Grave (03:54)

10   Electric Funeral (03:56)

11   Heaven and Hell (04:19)

12   Planet Caravan (03:08)

13   Changes (04:50)

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