Chissà cosa avranno pensato i fans dei Sisters of Mercy dopo l’abbandono di due componenti fondamentali quali il cofondatore della band insieme a Eldritch, Wayne Hussey, e il bassista Graig Adams.

"First and Last and Always", opera prima delle sorelle, aveva segnato indelebilmente il movimento gotico musicale di allora con il suo carico di profondo e tenebroso romanticismo. Un disco che ha saputo unire la cupa melodia del suono creato da Hussey, Marx e Adams con la voce straziante ed ammaliante dell’angelo nero. Dopo il distacco dalla madre comune e dopo aver perso una strenua e combattuta querelle legale che li aveva opposti all’ex amico Andrew per chi dovesse continuare a fregiarsi del nome Sisters of Mercy, ai due ribelli non rimase altra strada che formare un nuovo gruppo in cui riversare il carico di ispirazione che traboccava loro e che non si era affatto esaurito dopo la pubblicazione di "First and Last and Always".

La banda prese il nome di The Mission e pubblicò nel 1986 il suo album di debutto "Gods Own Medicine". Fu subito successo, anche sull’onda del fatto che si esibirono per promuovere il disco come gruppo di supporto nel tour seguente all’uscita di “Love” dei Cult di Astbury e Duffy. Si tratta, manco a dirlo, di un album stupendo con degli inevitabili punti di contatto con "First and Last and Always", ma anche delle profonde divergenze.
La voce di Hussey è armoniosa e meno cavernosa di quella di Eldritch, ed, inoltre "Gods Own Medecine" si distingue per un sound più positivo rispetto a "First", molto meno claustrofobico, per via, soprattutto dei suoi richiami pop e rock meno oscuri. Il pesante dazio che la band paga nei confronti dei Sisters del primo opus, lo si può notare nell’ascolto dell’opener “Wasteland”, in cui gli echi di “Marian” (a mio parere, vetta irraggungibile di tutto il gothic rock) sono più che marcati.

Ma, al di là di questa inevitabile influenza, “Gods Own Medecine” è una creatura che brilla di luce propria e pezzi come la strumentale e sinfonica “Garden od Delight (hereafter)”, il pop gotico ballabile del singolo “Stay With Me”, il death rock di “Blood Brother” (you and me, we are blood borthers..), il fascino psichedelico di “Let Sleeping Dogs Die”, la decadente ballata “Dance on Glass”, le pomposità pop rock di “And the Dance Goes On” e “Severina”, il conclusivo rituale romantico di “Island in a Stream”, sono songs di assoluto valore musicale.

Per tutti gli amanti del genere, in conclusione, quest’opera non deve assolutamente mancare per una band che ha segnato il gothic rock degli eighties e che ha avuto il merito, insieme ovviamente ai Sisters of Mercy dell’ineguagliabile Andrew Eldritch, di fare uscire la darkwave dagli stereotipi musicali e di immagine che si erano in precedenza creati e di portarla al successo commerciale.

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