Pezzi che non decollano, canzoni che non si aprono mai e che rimangano chiuse nell'intimità di chi le ha scritte. Che, a quanto pare, non è in realtà particolarmente arrabbiato con il mondo, ma lo descrive dolcemente utilizzando fondamentalmente pianoforte e chitarra.

Avevo lasciato i Montgolfier Brothers nel 1999 con un disco carino "Seventeen Stars", dal quale traspariva un pop molto elegante ma pur sempre pop, con qualche pezzo ruffianello da classifica. Oggi questi due signori di Manchester hanno cambiato completamente mood, ricami bianchi su lenzuola bianche, canzoni che accarezzano il palato senza un ritornello penetrante, veramente belle. A volte anche lunghe come le due tracce finali del CD da oltre 8 minuti, ma che non costringono a guardare l'orologio. I cattivi pensieri del titolo in realtà non vengono, o quanto meno a me non sono venuti. Al limite vengono fuori dolci ricordi e sensazioni piacevoli, ma non certo cattivi pensieri.

Le tracce in cui è diviso il cd sembrano soltanto un'inutile numerazione di una sensazione globale che attraversa tutta la produzione, anche se "Brecht's Lost Waltz" è forse l'unico episodio veramente canzone, leggermente sincopato, con basso e percussioni che non alterano lo stato di tranquillità in cui vi hanno lasciato le precedenti tracce, ma che anzi hanno un effetto ulteriormente rilassante. Altra cosa diciamo particolare i pezzi finiscono così, senza un effetto di fade out, senza un accordo di chiusura, semplicemente non ci sono più. Naturalmente ciò determina una certa difficoltà a togliere il cd dal lettore. Un bel disco se vi piacciono Dakota Suite o Songs Ohia.

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