Questa recensione non è una recensione; questa recensione è uno spunto. E sì, lo so che l'opera in questione è già stata recensita ben due dico due volte, ma questo disco fa lo stesso effetto di avere un 3310, o vedere Higuita che para con lo scorpione. Non che a qualcuno interessi.

Il punk convive da sempre con quello stato di ambivalenza perfettamente esplicitato nella Great Rock n' Roll Swindle, la contrapposizione del “sì, siamo ribelli e facciamo musica per ribelli” e le contemporanee velleità commerciali delle band che ne fanno parte - o almeno di quelle che più di altre hanno celebrato e diffuso tali concetti. Già questo potrebbe far partire un dibattito ancestrale su cosa viene prima: la ribellione 'pura' o la commercializzazione della stessa? Ma non è questa la sede. Questa ambiguità resiste, sottintesa al movimento, più o meno fino al 1994, l'anno dell'esplosione del felice ossimoro pop-punk con l'uscita di Smash e Dookie, due dischi che hanno venduto tantissimo e continueranno a farlo. Ed è qui che la truffa si fa evidente; anche per il più ingenuo degli ascoltatori, queste opere piacciono veramente a TROPPA gente per costituire modelli di emancipazione, o addirittura essere contro il sistema. Perché diventa palese come essi facciano parte del sistema stesso e ne godano né più né meno di una Madonna qualsiasi, per dire.

Ma gli Offspring, i Green Day, ma anche i Blink-182 più avanti, non sono stupidi, ed utilizzano un'arma fondamentale; l'ironia. E più l'asticella si alza, più la poppizzazione si rende evidente, più l'ironia ed il sarcasmo si rendono quasi necessari permeando sempre di più i loro pezzi – basti vedere Pretty Fly o All the Small Things – e tanto più i pezzi vendono, creando una specie di perverso circolo vizioso da cui diventa sempre più improbabile uscire. E infatti, dopo un decennio circa, la spinta creativa si esaurisce e si prendono strade diverse, più adulte, fuori da quei canoni, più (vedi l'omonimo dei Blink) o meno riuscite (Rise and Fall degli stessi Offspring, che al di là delle elucubrazioni era brutto e basta).

Anno domini 2012. I Green Day sono sempre più melensi e si sono diretti verso un pop-rock adulto, vagamente ancorato ai ricordi adolescenziali. I blink-182 si sono sciolti e rimessi insieme. Gli Offspring, dopo un paio di esperimenti venuti male (sottolineiamolo di nuovo) – soffro ancora nel vedere Dexter Holland leccato alla Jon Bon Jovi – escono con questo Days Go By, ed è come rientrare in una macchina usata 10 anni fa. Una bella macchina, magari mezza scassata, però bella. Innanzitutto, il disco è divertente (e questo è innegabile). Il disco è divertente anche e soprattutto perché è infinitamente autoreferenziale, tanto da sfiorare la parodia di sé stessi, di quella venuta bene. Sì perché in questo carrozzone c'è tutto, dall'auto-citazionismo esasperato (Dividing by Zero, Hurting as One, addirittura un re-recording di Dirty Magic), al cazzonismo puro da presa per il culo dell'ascoltatore e di sé stessi (I Wanna Secret Family With You, Slim Pickens), a citazioni alla storia, ridicolizzate per l'occasione - OC Guns non rimanda un bel po' a Guns of Brixton? -, e tutto sembra vagamente anacronistico quando Dexter mi canta “I've got something more to say” in Secrets From the Underground, quando è palese che more to say non ce l'hai più da almeno dieci anni. Cruising California è l'apoteosi: una presa per il culo del pop da classifica alla Katy Perry che è simultaneamente una presa per il culo di loro stessi che prendono per il culo. A tanti non piace; a me sì, perché mi fa sentire scemo. Ma non scemo tipo sfigato nerd, scemo tipo iperattività sconclusionata da tredicenne estasiato; è come se Dexter mi chiedesse “E allora, in tutto questo tempo sei cresciuto?”, e io: “Mai!”.

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