Loro sono sono sette ragazzi irriquieti, provengono da Brisol (UK).
Il primo album, omonimo,  ci tiene a bocca aperta, nella sua mezz'ora di lunghezza. Compongono lunghe tracce, suonano un post-rock malinconico, atmosferico al quale strumenti classici si alternano vocalizzi in growl, cambiamenti di ritmo frenetici ai quali non si può rimanere impassibili.

Il disco si apre con "You're Next". Undici minuti strumentali in cui la chitarra ci tiene una dolce compagnia, in cui il piano crea un ritmo foresennato, ripetuto accompagnato da  un cupo violoncello. I cambiamenti di ritmo sono frequenti spezzano la traccia, ci fanno tirare un attimo il fiato e poi ancora su, fino a concludere il pezzo. Il paragone ai Dirty Three è d'obbligo.
"Horse Manifesto" invece è decisamente più aggressiva. Qui la storia cambia è la chitarra elettrica a tracciare il percorso, assecondato da vocalizzi in growl. "Dennis Many Times" procede con l'immancabile violoncello mentre "That Girl I Used To Live In " ha un culmine al centro della traccia e ridiscende attendendo la fine, dolcemente. Mentre il brano che conclude il disco è "Doldrums" dove la batteria ritorna il voga timidamente, ma alla fine l'unico elemento che ne viene fuori, un'altra volta, è il violoncello.

Sicuramente un disco non noioso, monotono. Dove la classica incontra il lato più aggressivo del post-rock. Dove i cambiamenti di ritmo sono frequenti oltre che necessari. Dove  la violinista Sandy (già nella The London Symphony Orchestra) ne fa da protagonista.

I sette pirati ci rapiscono, non hanno bisogno di grandi artifizi per farlo bastano le loro capacità, e non sono poche. Ci facciamo una scommessa su questi Pirat Ship Quintet entrati a far parte del panorama del rock strumentale, ultimamente in sviluppo, ne lascieranno il segno, sicuramente.

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