Portatori sani di un folk che mescola poesia e serate storte al pub, i Pogues sono state una delle più belle realtà degli anni '80 (decennio che molti vorrebbero buttare ma che in realtà ha dato molto di più di ciò che comunemente si pensa).

Guidati dall'istrionico, bravissimo (seppur non proprio uno su cui fare conto) Shane MacGowan, pace all'anima sua, i Pogues hanno dato alle stampe alcuni album imprescindibili, tra cui "If I should fall from Grace with God" (1988) che sono vere e proprie perle della discografia europea, non solo del decennio. Ma hanno saputo reinventarsi, non solo folk, anche alcune attitudini punk e un uso sapiente delle ballate, centellinate nella loro discografia ma tutte di classe sopraffina.

Consiglio ai neofiti (come me d'altronde, o almeno lo ero fino a qualche anno fa, quando scoprii che il mio amato Davide Van De Sfroos dai Pogues aveva arraffato a mani basse) questa antologia uscita nel 2001, ricca, completa, bella piena (21 brani). Si parte con la folkissima "Dirty old Town", alla sarabanda di "Fiesta", passando per i classici come "A pair of brown eyes" e, quello che secondo me è il loro capolavoro, "Fairytale of New York".

Da ascoltare fino in fondo, batteria compresa, "The body of an American" e la stupenda "A rainy night in Soho", che ti sembra di essere proprio lì, a Soho, e ti immalinconisci ma, vai a sapere perchè, sei contento lo stesso. Gli azzardi di "Summer in Siam" o i tempi ballabili di "The Band played Waltzing Matilda". Più altre perle, tra cui mi piace ricordare il riff di "White City", semplice, in apparenza, ed efficacissimo.

Insomma, una bella antologia che mette i Pogues al loro posto, là dove meritano, cioè in Paradiso. O in un pub a sbronzarsi, fate vobis.

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