Ora che gli alberi si accendono di riflessi gialli e rossi e la pioggia cade inesorabile i radio dept mi riconciliano con la dimensione introspettiva dell’autunno. Li avevo ormai rimossi nonostante da adolescente abbia consumato Lesser Matters (2003). Johan Duncanson e compagni tornano sulla scena a sei anni di distanza dal precedente LP e costituiscono un sodalizio impeccabile con la stagione umida sopra le nostre teste. Il gruppo svedese, dopo più di un decennio di esperienza conferma la propria identità musicale con una maggior cura nei dettagli che aveva già contraddistinto il precedente LP Clinging to a Scheme.
In questo lavoro li troviamo cimentarsi in territori un po’ inediti che si avvicinano alla techno o alla dance mantenendo sempre un timbro sognante ed intimista, il loro marchio di fabbrica. I synth più spigolosi del solito e una drum machine ipnotica dànno una cadenza marcata al disco. I tre intrecciano le tastiere con rinnovato garbo, basta sentire il finale di Occupied per farsi un’idea.

Il disco lo considero diviso in due: la prima parte più marziale, distaccata, ma non per questo meno bella, la seconda invece è più calda e richiama gli esordi di Lesser Matters.
Gli episodi migliori per il sottoscritto sono Swedish Guns, marcetta dub che si scioglie come neve al sole nel ritornello, e Can’t Be Guilty che ci avvolge in una soffice coperta fatta della materia dei sogni, in un incedere folk (elettro-folk, bo) dato dalla chitarra.
Che lo si veda come un ritorno o una conferma (io sono per la seconda), viene aggiunto un ulteriore pezzo al mosaico della buona carriera degli svedesi.

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