Un pianoforte apparentemente scordato e l'ebbrezza non del tutto dissolta della sbornia di un improbabile gruppo di fiati fanno da incipit a quello che personalmente definisco come l'opera di maggiore qualità delle pietre rotolanti. Il festoso coro, concretizzato anche con la fattiva collaborazione od amichevole incursione dei parenti stretti da Liverpool, spiana la strada a brani di eccellente fattura, malgrado l'incombere, dell'ombra difficoltosa da evitare della ridda di album spuntati a profusione nell'anno più fecondo della storia del rock.
Voci metalliche, ben saturate e decisamente solforose concludono il ciclo ilare delle fusioni vocali per sfociare in un ribollente tripudio di suoni dal sapore potenzialmente psicotropo. Il richiamo del diavolo ha avuto probabilmente dei natali di ostacolata gestione e sicuramente non pochi attacchi dalla proficua inquisizione censoria, ma il suono sporco che caratterizza in maniera indelebile le peculiarità orchestrali dei "ragazzacci" dona all'opera il fattore giusto che basta per salire sull'Olimpo senza scalare rocce insidiose.
L'avvio barocco con la voce acida e metallicamente ovattata di "Another land" spezza sapientemente con l'invasione estemporanea leggermente stonata del classico riff fangoso degli Stones. Ciò si ripete per più tempi fino a concludersi con un inaspettato e pesantissimo ronfare a cui segue la ripresa del coro festoso de quo, stavolta infarcito di violente pennellate di terriccio psichedelico.
Se non fosse per evidenti incertezze purtroppo facili da cogliere nel commento percussionistico di Watts, "She's a rainbow" sarebbe un autentico capolavoro, ma giudicata la bellezza globale del brano preferisco chiudere un occhio al peccato veniale del buon Charlie e marchiarlo con il più pregiato dei timbri. Il suono pulito, quasi favolistico del pianoforte di Nick Hopkins accompagna come un velo di seta una delle più belle composizioni degli Stones. Il suono sporco che appare fin dai primissimi assalti vocali di Jagger e compagni, risulta più facile da smacchiare rispetto a quelli che spadroneggiano nel loro vasto repertorio. Ciò dona un senso di devastante dolcezza, rilassante, forse disturbato dall'annuncio radiofonico di piazza fortunatamente inserito in principio, ma genialmente sottile, fresco. Lo sferragliare finale degli archi conclude quest'opera in una maniera che lascerebbe un senso di incertezza a chi porge più dettagliatamente l'audio ma ciò è strettamente soggettivo e a mio avviso straordinario.
Avrebbe semplicemente meritato di più. Tutto qui.
Carico i commenti... con calma