Premetto che non c’è brano tratto da “Exile on Main St.” che non sia coinvolgente, energico e macho, ma “Tumbling Dice” è quello che mi colpisce sempre più nel profondo, che mi fa rilasciare endorfine come nessun altro. Tutto di questa canzone è perfetto, dai cori alla voce sgraziata di Mr. Mick Jagger, artista per il quale vado matto fin da bambino, quando, nonostante fosse ancora sopito in me l’interesse per la musica, mi innamorai di “Streets of Love” e di “Rain Fall Down”, singoli provenienti dall’ultimo album in studio del 2005 delle Rocce Rotolanti, “A Bigger Bang”, con relativi video. Subito l’istrionismo di Jagger si impadronì di me e Mick conquistò il mio favore. Anni dopo, quando cominciai a esplorare i vari ambiti della musica rock, non potei fare a meno di riappropriarmi di quell’immagine mai morta nella mia mente, di Mick Jagger, corpo magro, volto scavato, che emetteva dai suoi labbroni delle parole caricate di un erotismo esagerato. Non ci crederete, ma ho conosciuto “(I Can’t Get No) Satisfaction” solo a quindici anni, quando mi sono ricordato degli Stones e ho iniziato ad ascoltarli meglio. Col tempo è cresciuto il mio interesse e apprezzamento verso gli altri membri della band che per me fino ad allora erano sempre rimasti sullo sfondo. La chitarra sverginatrice di Keith Richards, la batteria metronomica di Charlie Watts “il Taciturno”, gli innumerevoli strumenti del Principe azzurro biondo, il satiro Brian Jones, e il meno appariscente Bill Wyman al basso.
Nel 1972, anno di “Exile on Main St.”, Brian è già “long gone” e la band inglese, a cui è riconosciuto il merito di aver coniugato per prima il blues tipico degli afroamericani con il rock n’roll – con l’aggiunta di una sensibilità propriamente britannica –, si trova nei guai nel proprio paese di origine, a causa della montagna di tasse arretrate che i cinque musicisti pensavano fossero già state pagate da chi di dovere. Mick Jagger & Co sono costretti a fuggire nel vero senso della parola. Si rifugeranno in Francia, a Nizza, dove vivranno di lussi sfrenati nella villa di Keith, mentre sfornano canzoni destinate al nuovo album. Lo scopo della band è di guadagnare grazie al nuovo album abbastanza soldi per pagare le tasse, ma è la passione l’origine e il fine principali. Gli Stones non sarebbero sopravvissuti a quell’inferno finanziario se non grazie alla musica, alla loro vera dimensione. “Exile” è di conseguenza forse il lavoro più vero della band, che, all’uscita, otterrà un successo inquantificabile, ma che riceverà comunque pesanti critiche sia dagli habitué, dai fan old style, sia dalla fetta conservatrice della critica. Gli Stones riescono a superare il disagio economico grazie alle vendite del disco, pubblicato per la loro etichetta indipendente, The Rolling Stones Records, fondata due anni prima. Si tratta del secondo disco della band rilasciato dalla neonata etichetta (il primo era stato “Sticky Fingers”). Nel 1971 era stato anche dato alle stampe, postumo, l’album collaborativo di Brian Jones e dei Master Musicians of Jajouka, complesso di musicisti del Marocco, “Brian Jones Presents The Pipes Of Pan At Joujouka”, considerato tra i primi esempi di world music.
“Tumbling Dice”, quinta canzone in scaletta da “Exile”, è quanto di meglio un amante del rock possa ascoltare. Oltre ai classici strumenti intervengono con decisione pianoforte (suonato da Nicky Hopkins), sassofono (padroneggiato da Bobby Keys) e tromba (Jim Price). Il risultato è una perfetta unione di suggestioni jazzistiche e blues rock tipico della band. Al basso, al posto di Wyman, c’è Mick Taylor, che gioca con maestria anche dietro la chitarra slide. La batteria che si sente all’inizio e alla fine del brano è suonata da Jimmy Miller. Poche band risultano così affiatate, con il contributo di tutti (e di più). Si può paragonare “Exile” nel suo complesso a “The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle” di Bruce Springsteen e la E Street Band, che arriverà sul mercato un anno dopo. L’energia sprigionata da ogni singolo musicista in entrambi i casi è notevole e unica.
Il testo di “Tumbling Dice” parla in generale di un giocatore d’azzardo incapace di restare fedele a una sola donna per volta. L’ispirazione venne a Jagger un giorno, quando, come racconta lui stesso, stava giocando a dadi con la governante, la quale era davvero esperta e appassionata del gioco, a tal punto da insegnare a Mick le regole di esso. Il testo poi fu scritto sulla base della musica, partendo dal riff che Richards aveva sviluppato al piano di sopra della villa. In piena tradizione blues Mick canta di amore e di scommesse, con la spregiudicatezza tipica del genere unita a un inserto corale che può richiamare alla mente i canti gospel.
“Tumbling Dice” è la sintesi perfetta del sound dei Rolling Stones anno ’72, i quali si trovano in un periodo di piena felicità creativa, a dispetto dei problemi finanziari, anzi, forse proprio per questo. C’è la passione, c’è il rock n’roll. I Rolling Stones hanno tirato i dadi e hanno vinto il piatto.

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