E al grido di «Il garage è mio e me lo gestisco io» alla fine le Rosalyns sono arrivate all'album del debutto, dopo un'attesa di oltre sei anni.

Tanto ci è voluto a Amy, Lory, Anja, Lety e Lori a mettere su di uno sciccosissimo vinile rosso-rossetto il loro garage punk saldamente ancorato al triennio 1964/1966 e irrimediabilmente fuori moda, musica da «Back From the Grave» ancora più che «Nuggets».

Tanto ci è voluto perché le Rosalyns sono, più che un gruppo, il godibilissimo passatempo scelto da queste cinque ragazze per mettere al bando la noia ogni volta che si ritrovano tra loro, in libera uscita dal lavoro. È vero che il lavoro è sempre quello di cantare e suonare – chi nelle Gore Gore Girls, chi nei Loons, chi negli Schizophonics – però un conto è farlo per lavoro, un altro è farlo solo e soltanto per passione e divertimento.

Magari gli Schizophonics, i Loons e le Gore Gore Girls non ci pensano proprio a fare concerti o album per gridare al mondo che musica straordinaria girasse negli anni Sessanta e quante pepite sbrilluccicanti fossero sepolte nella miniera del garage punk.

Per cui Amy, Lory, Anja, Lety e Lori si sono inventate le Rosalyns e danno libero sfogo alle loro maniacali e feticistiche passioni musicali: Schizophonics, Loons e Gore Gore Girls suonano la loro musica, più o meno fedele ai dettami del genere garage punk; loro, le Rosalyns, suonano e urlano ai quattro venti le storie di Shandells e di Little Anthony e di altri ancora, siano deliranti e orrorifiche, siano eccitanti e scatenate, siano mielose e sconclusionate.

Ne è venuto fuori, a metà novembre, «Outta Reach», il disco più clamoroso tirato fuori da una garage band tutta al femminile dai tempi delle compiante Pandoras.

Prendete i gruppi vocali femminili degli anni Sessanta, spolverateli con una dose abbondante di fuzz e farfisa ed il gioco è fatto: «Outta Reach» è degnissimo epigono della serie «Girls in the Garage».

E va bene che dentro non ci sono brani originali, ma era da tempo che non mi divertivo tanto ascoltando un album: dagli inni alla demenza spinta di «Go Go Gorilla» e «Shimmy Shimmy Ko-Ko Bop» alle bordate festaiole di «Give Him a Great Big Kiss» e «Gonna Have a Good Time», per non dire dei cuori in frantumi e disillusi di «Putty in Your Hands».

Ma che nessuno si azzardi a liquidare le Rosalyns come una burla, ché alla fine tirano fuori due versioni dinamitarde di «(S)He Cracked» e «Search & Destroy» che alzano a mille la temperatura e testimoniano la notevole caratura del quintetto.

Insomma, party-album pressoché perfetto ma pure tanto altro.

Con la speranza di risentirle, se e quando ne avranno voglia, e che non perdano un briciolo della loro freschezza.

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