L'antefatto

Un paio di settimane fa mi telefona Er Cecato, tutto trafelato: «Bella zio, svelto, metti sul tre che ce sto io in televisione, poi te racconto».

Accendo, ci sta la trasmissione Report, parte un servizio: c'è qualcuno che con una telecamerina riprende dall'interno di una macchina in movimento, che svolta per una stradina di campagna; ad un certo punto, nell'altro senso, si fa avanti una Smart; la stradina è troppo stretta, non ci si passa; subito, dalla Smart spunta il capoccione der Cecato; «Mammà, papà, mettete sul tre, guardate chi ce sta», urlo io; poi spuntano fuori due col giubbino della polizia; ma che è, «Scherzi a parte»? penso sempre io.

Telefono ar Panza, così si fa due risate pure lui, ma squilla a vuoto; di sicuro, sta già piazzato davanti all'apparecchio a sbellicarsi: le paaazze risate!

Il video finisce quasi subito, poi parte una mappazza su appalti truccati, tangenti e menate varie; spengo, esco e me ne vado al cinema.

Quando torno, faccio un giro di telefonate ai succitati, tanto per farci quattro risate: non risponde nessuno.

Guarda te 'st'infamoni, sono diventati famosi da qualche ora e già non rispondono più ai vecchi amici ...

... Dopo qualche giorno, sto bighellonando davanti al computer e capito su DeBaser e c'è Gnagnera che organizza un DeMeeting a Milano al concerto dei Saints.

Entro in fibrillazione, sguardo pallato, lingua felpata e salivazione azzerata. Vado su Gooooogle e cerco “Saints tour italia 2014”: sono sballottato ad un sito che riporta solo tre date, a Milano, a Torino e a Bologna. E Roma, e Roma? Che, l'hanno forse cancellata dalla carta geografica?

Mi incappero come una iena e posto un commento in cui mando affettuosamente a quel paese il signor Bailey, tra me e me spiccando tutti i santi del Paradiso.

Imasoulman risponde al mio commento e mi fa simpaticamente notare che i Saints a Roma ci vengono, eccome.

Rifaccio la ricerca su Gooooogle; rivengo sballottato sul solito sito; riguardo meglio, ed in effetti, noto una sezione dedicata ai concerti romani. Entro in fibrillazione, sguardo pallato, lingua felpata e salivazione azzerata, come sopra: Saints, 7 dicembre 2014, Sinister Noise Club, Roma. Evvaiiiii.

Torno su DeBaser ed organizzo il mio DeMeeting: nessuno risponde, nessuno partecipa.

Non mi va di andarci da solo.

Ritelefono alla compagnia der Cecato. Dubito che i Saints gli piacciano, però, dai, passiamo una serata assieme, ci beviamo qualcosa, magari loro che conoscono tutti mi rimediano pure il biglietto aggratis. Non mi rispondono nemmeno stavolta.

Ma vaffanculo, con loro ho chiuso!

Sai che c'è? Che al concerto dei Saints ci vado con qualcun altro.

Telefono a Marco e Daniela, reduci dei gloriosi Sally Beats Rifles.

Loro mi rispondono; sono come fratelli e non si sono dimenticati del vecchio Pinhead.

Si fiondano giù dalle colline senesi e dalle coste abruzzesi verso la Capitale, arrivano sabato 6 dicembre, il concerto è per domenica 7, l'otto è festa e così mettiamo in programma di andare pure a salutare Papa Francesco a Piazza di Spagna.

I preparativi

Come mi vesto per andare ad un concerto di vecchie glorie punk?

Incomincio a pensarci a pancia piena, dopo aver lautamente banchettato con Daniela e Marco. Non mi viene in mente niente, per cui me ne torno a casa, e loro li mollo in albergo intenti a scovare qualcuno che li implori per un autografo.

Verso le tre del pomeriggio, la folgorazione: pantaloni di velluto blu scuro, camicia bianca a righine blu scuro e grigio chiaro, maglione blu scurissimo con collo a “V” e tre bottoni rigorosamente aperti, così il bianco della camicia contrasta lo scuro generale, calzettoni finto-EnricoCoveri e scarponcini marroni.

È che le t-shirt di Ramones, Clash e Fuzztones le ho regalate tutte, i jeans non li sdrucisco più da quando li compro pagando con i miei soldi, il giubbetto alla Fonzie non c'è l'ho mai avuto, e questo è il meglio che riesco a rimediare.

Comunque, gli abiti sono in condizioni perfette, non devo nemmeno stirarli e risparmio tempo.

Quello necessario a fomentarmi il giusto: metto su «(I'm) Stranded» e me lo sparo tutto d'un fiato, metto su pure «Eternally yours», sento solo il lato uno, rimetto tutto a posto, saluto mammà e papà e gli dico di non aspettarmi alzati ed esco.

Prima di uscire, afferro gli occhiali da sole, che sono tali e quali a quelli di Sterling Morrison in una famosa session fotografica fuori della Factory, così durante il concerto sostituisco quelli da vista e sembro più duro di quanto già non sia.

Pregusto già la scena: un vero figo!

Passo a prendere i due che ho mollato in albergo e colgo l'occasione per introdurveli: Daniela, la cantante che più passa il tempo e più diventa bella, e Marco, il batterista che ancora più di me ha l'aspetto di un impiegato del catasto prossimo alla pensione e questo mi conforta alquanto. Daniela il fisico del ruolo rocchettaro ce l'ha ancora, io e Marco proprio no; ne prendiamo atto unanimemente, lei però sghignazza in modo carognesco, noi altri due manteniamo un aplomb decisamente più laconico; comunque, concordiamo che se all'ingresso del Sinister Noise c'è un buttafuori, ci parla lei e prova a convincerlo che i due bellimbusti che si trascina dietro, un tempo, per davvero, amavano i Saints, i Birdmen, e pure i Chosen Few.

Detto fatto, lasciamo Bracciano poco dopo le sei.

Il Sinister Noise Club (e pure un ristorantino nei paraggi)

Se al Sinister Noise ci fossimo andati il lunedì mattina, avremmo impiegato alcune ore per arrivarci.

La domenica però la strada scorre che è un piacere, con in sottofondo «White light, white heat, white trash» dei Social Distortion ad incrementare il fomento. Daniela, dietro, ricorda a memoria e canta ogni benedetta canzone, s'è piazzata al centro del sedile, braccia larghe poggiate sui sedili anteriori quasi ad abbracciarci e la sua testa fa capolino tra le nostre; Marco ed io ci uniamo per cantare i ritornelli, lui fa pure headbanging di tanto in tanto; io sono al volante e non me lo posso permettere.

Va avanti così per quasi un'ora.

Ad una certa, arriviamo a destinazione nella Capitale del Mondo. Parcheggio.

Passeggiamo una ventina di minuti ed arriviamo al Sinister Noise.

Siamo in anticipo di circa un'ora. È che io sono un tipo apprensivo ed arrivo sempre in anticipo mostruoso rispetto agli orari stabiliti: Daniela e Marco partono ad insultarmi affabilmente, io faccio buon viso a cattivo gioco.

Passiamo oltre e ci infiliamo nella prima trattoria che promette carbonara, trippa ed abbacchio, ed annaffiamo il tutto con abbondante vino dei Castelli; almeno loro, io sono astemio e vado ad acqua.

Tra un rutto e l'altro, consideriamo allegramente che, dai tempi dei Sallys, ci vediamo un paio di volte all'anno: troppo poco, bisognerebbe ritrovarsi almeno una volta al mese. Saranno vent'anni che, immancabilmente, promettiamo in modo solenne che le cose cambieranno presto. E di sicuro anche nel 2015 ci incontreremo qualche giorno in estate e, se va bene, sotto Natale, per scambiarci gli auguri ed un abbraccio beneaugurante sotto il ramoscello di vischio.

Pasciuto e satollo, mi alzo e vado a pagare il conto, perché i miei due commensali a fare alla romana non ci pensano proprio. Magari la mia obbligata cavalleria farà finalmente colpo su Daniela, mentre a far colpo su Marco non ci tengo per nulla ...

Comunque, usciamo e puntiamo verso il Sinister Noise.

Non ci sono buttafuori per cui entriamo senza problemi, anche Marco ed io.

Allora, ci sta un bar molto carino e, sotto, la sala-concerti.

Sotto qualcuno già suona, ci affacciamo un paio di minuti a fiutare l'aria e poi torniamo sopra a conversare amabilmente dei bei tempi andati, per concludere senza possibilità di smentita che i Sally Beats Rifles erano decisamente più cool e stilosi rispetto agli opener di questa sera e che, se tanto mi da tanto, avremmo potuto aprire per la reunion dei Pistols.

E poi, cosa ti è capitato dall'ultima volta? Cosa ti sei ascoltato/letto/visto? Hai saputo del tizio e del caio? I tuoi, tutti bene? È andata, prima o poi vengo a trovarvi ...

Fino a quando è ora di scendere e scatenare l'inferno.

The Saints

Voi ce li vedete due impiegati del catasto prossimi alla pensione a scatenare l'inferno?

Qualcuno dello sparuto pubblico ci prova, solo che a me gli over 50 atteggiati come fossero adolescenti focosi mi hanno sempre messo addosso una tristezza senza fine, tanto che se avessi avuto ancora la magliettina dei Ramones ed i jeans sdruciti di certo non li avrei indossati stasera, ed abbigliato come sono mi sento perfettamente a mio agio.

Per cui, di buon grado, Marco ed io ci ritiriamo in ultima fila: di pogare non se ne parla nemmeno, al massimo ci daremo un paio di spallate benevole se e quando partirà «Stranded» e canteremo il ritornello se il fiato corto ce lo consentirà. Daniela si piazza più avanti, ben intenzionata a ballare e cantare, fino a conquistare il palco per esibirsi in uno stage diving che, ci ha confessato, rimarrà negli annali come quelli in cui si dilettava all'alba dei suoi diciott'anni.

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Ritorno a casa

Marco aspetta fuori, io sono il secondo a guadagnare l'uscita, Daniela come al solito è l'ultima perché le è sempre piaciuto farsi desiderare.

Ripercorriamo le strade in senso contrario fino ad arrivare alla macchina, e Daniela non sta zitta un momento: in nemmeno mezz'ora condensa il racconto di tutta la sua vita. Marco, ad intervalli regolari, prorompe in una risata soffocata a stento; io faccio smorfie strane con la faccia, cercando di sturare un orecchio che mi si è attappato da un po', mentre nell'altro risuona un fischio persistente.

Saliamo in macchina, stesse posizioni che all'andata, ma cambia la musica. Ci tiene compagnia sulla strada di casa il Bob Dylan di «The freewheelin'»: dura poco, quel disco, ma in quel poco non cantiamo e parliamo di rado. Io ho gli occhi fissi sulla strada, Marco guarda fuori dal finestrino, mentre Daniela se ne sta ranicchiata sul posteriore in posizione quasi fetale, e di tanto in tanto la osservo nel retrovisore per capire se si è addormentata oppure è ancora tra noi.

Sfumate le ultime note, me ne esco a chiedere se sono ancora svegli, i due a bordo.

Certo che sì.

Daniela si stiracchia, si risolleva e piazza di nuovo il suo visino tra i nostri, abbracciandoci ancora attraverso i sedili; Marco ritorna a guardare un po' davanti un po' me ed un po' Daniela, e poi attacca un discorso più serio che faceto, per cui siamo invecchiati e che forse a noi si adatta meglio il vecchio Bob Dylan degli esordi che i Saints del 2014 e che se domani non fosse stato l'otto dicembre al concerto non sarebbe venuto, e che comunque è contento di esserci venuto perchè abbiamo avuto l'occasione di stare insieme per due giorni.

A me, incomincia a pervadermi la serenità del primo gennaio, quella che quando esci verso le nove del mattino le strade sono deserte, non passa una macchina e si sta di un bene che ti fa dimenticare del tutto la baldoria della mezzanotte.

Visto che sono in anticipo sui tempi, riporto il discorso sul livello terra-terra che mi è consono e sprono Daniela a mettere la testa a posto piuttosto che pianificare improbabili stage diving, che ormai ha una certa età e dovrebbe farsi una famiglia, possibilmente con me, visto che suonavamo insieme e che lei va pazza per gli X, e se lei è Exene io sarò il suo John Doe, sottacendo il fatto che quella coppia poi è scoppiata. Lei mi dice che se fossimo stati sposati, sicuramente non saremmo stati in macchina in quel momento, di ritorno dal concerto dei Saints e ci saremmo divertiti di meno, garantito. Io penso che, magari, qualcosa di divertente pure di più avremmo potuto farlo, ma chiaramente me lo tengo per me.

Pari pari come quando la conobbi, e respingeva ogni mia avance ripetendomi che ero una delle poche persone al mondo (un'altra è seduta alla mia destra) con cui non si sarebbe mai messa perché si divertiva troppo quando stavamo insieme; che, suppongo, è la versione alternativa del «Ti voglio bene come ad un fratello bla bla bla».

Io la gente che filosofeggia e spara queste frasi ad effetto non la sopporto mica, per cui accendo la radio, sintonizzo la filodiffusione e vai con l'adagio di Albinoni fino a destinazione.

Marco e Daniela, all'unisono, mi mandano affanculo e siamo tutti felici e contenti.

Il giorno dopo

L'8 dicembre non ci andiamo mica a Piazza di Spagna a salutare Papa Francesco, sarà per un'altra volta.

Daniela, Marco ed io restiamo a pranzo con i miei genitori e la famiglia di mio fratello.

Daniela prende la parola e non la molla più per tutto il pranzo, tutti pendiamo dalle sue labbra e ci diciamo fra noi che prima o poi la finirà e che comunque, non esistesse, una donna del genere bisognerebbe inventarla; per cui, la perdono di cuore per tutte le volte che mi ha respinto e che continuerà a farlo.

Poi, ad un certo punto, ci ritroviamo nella cameretta di mia nipote che mi porge la sua chitarra e mi chiede se le imparo qualche canzone nuova perché si è stufata dei Ramones.

Cenno d'intesa immediato con Daniela e Marco e «Ascolta, ti faccio sentire questa, e se ti piace te la insegno».

Attacco qualche accordo sconclusionato, Marco parte con un pacato handclapping e Daniela sussurra «While riding on a train going west ...» e racconta alla mia nipotina di quando Bob Dylan sognò di ritrovarsi con gli amici della sua adolescenza e che avrebbe pagato tanto oro quanto pesava perché quel sogno fosse stato realtà.

Marco, Daniela ed io quel sogno lo abbiamo fatto nostro più di vent'anni fa, ed oggi ne abbiamo trasformato in realtà un altro minuscolo frammento; e solo per questo motivo, i minuti così spesi sono stati decisamente più significativi di quelli spesi al concerto dei Saints.

Alle cinque, baci ed abbracci, Marco e Daniela tornano a casa.

Pure io me ne torno a casetta mia e, sotto le pezze, comincio a rimuginare una recensione del concerto dei Saints per l'amato DeBaser.

Solo che, mano a mano che scrivo, mi viene fuori questa roba qua.

Alla fine, mando una mail a Marco e Daniela che qualcosa tagliano, qualcosa cuciono ed alla fine approvano; ci penso su qualche giorno e la pubblico.

E comunque meglio mettere le cose in chiaro ...

... per cui, se tra i lettori ci fossero magistrati deprivati del senso dell'umorismo, Er Cecato ed Er Panza non li conosco e non li frequento mica, né tra noi sono mai intercorse conversazioni di alcuna fatta.

Stessa cosa per i famigli, Daniela e Marco.

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