Non sono poi molti quelli che possono vantare trent'anni di onorato servizio nel rock'n'roll.

Tolti i mostri sacri che si aggirano ancora sui palchi di mezzo mondo per lo più in uno stato di inquietante mummificazione indotta o i reduci scampati agli eccessi di droga, sesso ed alcol cui non si nega una reunion patetico/revivalistica, coloro che da sempre, con onestà, senza strafare e soprattutto con qualcosa da dire suscitano ancora entusiasmi sono veramente pochi. Mi vengono in mente i REM, Robyn Hitchcock, Mark Smith e pochi altri. Tra questi Graham Day che dal 1978 appunto - mooolto in sordina - continua a propinarci la sua musica, garage-beat, rhythm and blues, soul, con un'attitudine ancora fresca e tonica che - a mio modesto avviso - dà la paga alle centinaia di bands di ultima generazione che, con cadenza quasi settimanale, "riscoprono" lo spirito sixtiees. Graham Day ebbe una certa notorietà con i Prisoners nei primi anni 80 in una scena - quella inglese - molto penalizzata per quanto riguarda il garage-rock. Se volevi emergere dovevi essere americano, svedese o al limite australiano; gli inglesi - forse perchè la stampa "ipertrendy" li considerava semplicemente revivalistici ? - ebbero poca fortuna: Dentists, Mood Six, la raccolta "A Splash of Colour", chi se li ricorda? Comunque sia, Mister Day continuò imperterrito con la sua miscela di Beatles, Kinks, Yardbirds, Who, Small Faces - beat melodico, vigoroso e a presa immediata - anche con i Prime Movers, Mighty Caesars (con l'altra icona del beat anglosassone, Billy Childish) e Solarflares. A detta sua, il periodo migliore è proprio quast'ultimo: una manciata di dischi dall'impatto travolgente, portatori di un'euforia contagiosa, frutto della capacità immensa di saper frullare in un mix perfetto tutto il meglio del beat inglese. Immaginatevi una cover band con una perizia tecnica di altissimo profilo che conosce in profondità i meccanismi del rock and roll, mestieranti di gran classe che vi fanno scorrere davanti agli occhi senza trucco ed inganno la storia della musica a partire dal mersey-beat, passando per la breve stagione mod di Who - ma anche Jam - e non rinunciando a qualche capatina nell'hard anni 70. Questo sono i Solaflares, con una piccola differenza: non fanno covers, solo musica originale. Evidentemente Mr. Day non ne sente il bisogno dal momento che tutto il suo essere è proiettato in quegli anni magici. Probabilmente i Solarflares sono il corrispettivo inglese dei Chesterfield Kings.

La pessima foto sgranata dell'album "Laughing Suns" che ho trovato testimonia la scarsezza di informazioni disponibili sul Web: se digitate Solarflares su Google vi si presenteranno per lo più spettacolari fenomeni astronomici, con "Graham Day", Wikipedia vi parla di un oscuro legislatore canadese. Un pò meglio con You Tube: sotto Graham Day & the Gaolers (l'ultima incarnazione del nostro) potrete farvi un'idea, seppur vaga, dell'impatto sonico delle loro esibizioni. Non chiederei troppo dalla vita se non la possibilità di assistere ad un loro concerto a un metro e mezzo dal palco in un club di trenta persone!

"Dragging You Down" posta all'inizio illustra da subito com'è la storia: garage sound d'assalto di rara potenza ed anche la successiva "The Same Story" hard-rock oriented, ma sempre con l'imperterrita impronta melodica anglosassone; "Unsociable" intro e riff alla Who; "Remember Me" ha una densa chitarra hard rock per poi sfociare in un anthemico ritornello; "Moonshine Of Your Love" strumentale con trombe squillanti e tastiere alla Charlatans (UK) è un po' il sorbetto al limone della situazione; "Every Way I Lose" con un'overture di batteria che ho messo in repeat un centinaio di volte, è un trascinante beat-mod da capogiro e la migliore del lotto; "Really Want Me" un "solare" e robusto jingle-jangle con un riff irresistibile.

Morale, procuratevi questo dischetto - di cuore - se non vi piace vi ridò indietro i soldi.

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