Credo fermamente - e d'altronde l'evidenza scientifica lo dimostra - che le vie per il garage sono infinite e che, pure, tutte le strade conducono al garage.

Lungo i sentieri, poi, capita di incontrare tanta e varia umanità ed è questo che appassiona, del cammino.

Capita anche di incrociare gente che, magari, il percorso lo condivide con te soltanto per aver smarrito la via.

Prendete il musico Dom Mariani, uno che di strada ne ha macinata ed ha pure nuotato gli oceani, se è vero come è vero che gli avi mossero dal roccioso Abruzzo per consentirgli di veder la luce agli antipodi di Oz.

Io Dom lo incontrai per puro caso in quel di Perth, intento a miracol mostrare agli sparuti adepti della setta powerpop, nell'atto di sconsacrare la Profana Trinità del genere.

Perché, se parliamo di powerpop, allora non si scappa: c'è «Shake Some Action», c'è «Thirteen» (o la ballata di El Goodo, a seconda degli umori), e «At First Sight» chiude il triangolo. A Dom Mariani si deve «At First Sight», e tanto basta.

Per dire, se da trent'anni a questa parte ancora si parla di powerpop è grazie a Mariani. Io butto lì tre nomi: Stems, Someloves, DM3; tradotto, Dom Mariani negli Stems, Dom Mariani nei Someloves, ed indovinate chi nei DM3? Esatto.

E come se non bastasse, c'è pure Dom Mariani solista e Dom Mariani predicatore del verbo powerpop a beneficio di decine di gruppi in giro per il globo, tra cui le glorie del garage italico Sick Rose.

Insomma, per spararla grossa, uno che vale Rob Younger, tanto per restare nel regno di Oz; per alcuni, addirittura, vale di più.

Si vabbé, ma il garage di cui si farnetica agli inizi? Un po' di abbipazienza e vengo al dunque.

«At First Sight» data 1987 ed io, inconsapevolmente, rimedio il singoletto (b/w «Grooviest Girl In Town»); di lì a poco, il brano apre il quasi omonimo lp «At First Sight Violets Are Blue», e beato chi se lo accaparra, per me sto ancora spettando la ristampa; il gruppo si scioglie subito e si riforma un bel po' di anni dopo, pubblicando anche un nuovo lp «Heads Up»; Dom Mariani, intanto, fa di tutto; nel 2010, la romana Teen Sound mette in circolo «From The Vault» ed io me lo accaparro, consapevolmente, per bearmi di melodie cristalline, chitarre dense di carboidrati, agrodolci romanze amorose e tutto l'armamentario del genere.

E qui sta il sorprendente busillis, ché gli Stems prima di «At First Sight» sono un gruppo garage che trita le viscere. Niente da fare, hai voglia a dire «Sono cresciuto, ora ascolto il gezz, il secondo concerto di Rakmaninof», il garage torna sempre a dettare legge, quando meno te lo aspetti, ed allora capisci quanta ragione ha da vendere Chuck Berry quando esorta a rollare oltre Ludovico.

Ora vi racconto di «From The Vault».

Punto uno. È un disco spiazzante, per i motivi sopra enunciati.

È come se uno si fomenta coi Clash di «Cut The Crap» e decide di comprarsi tutti i cd che hanno fatto prima (uno che si innamora dei Clash grazie a «Cut The Crap» non può avere i vinili, mi ci gioco la vita): che è 'starobba di «Polissendtivs»?

Punto due. È un disco appassionante.

Che sono 'sti capolavori garage-punk "very sixties oriented" di (in ordine di esecuzione): «She's A Monster», «Make You Mine», «Tears Me In Two», «Just Ain't Enough», «Don't Let Me», «All You Want Me For», «On & On»? Solo un gruppo fuori di testa per Chocolate Watchband ed Electric Prunes, colto all'alba degli '80, e che non si massacra di pippe mentali, a rimuginare che quella è musica out-to-date, che i budget sono in rosso e un simile output non garantisce il break-even. Il garage si suona, non si discute, basta una fuzz-chitarra, un farfisa, un basso ed una batteria, nient'altro. Proprio come il punk, musica fatta di passione e ardore (la famosa attitudine).

Punto tre. È un disco sorprendente.

Perché le note più incisive non sono quelle sparate fuori da un amplificatore col distorsore a manetta, ma quelle in cui l'irruenza garagista si attenua e si scorge in lontananza l'»At First Sight» che verrà.

Perché «Love Will Grow», e qui la sparo ancora più grossa, forse forse è anche più bella di «At First Sight»; perché «Under Your Mushroom» è un fungo allucinogeno come non se ne masticano più dagli anni Sessanta; ed anche perché «Spaceship» sembra un incrocio in slow motion tra i Flying Burrito ed Eddie Cochran modellato da un moderno dottor Frankestein sotto l'effetto di potenti oppiacei.

Punto quattro. «From The Vault» è una raccolta di singoli, ep e rarità assortite suonate dagli Stems nel quinquennio 1983-1987.

Punto cinque. Credo fermamente - e d'altronde l'evidenza scientifica lo dimostra - che chi fotte le suore prima o poi finisce a cantar messa.

E così il cerchio è chiuso.

Carico i commenti... con calma