Sulle tracce della pantera nera... 

 Qui arrivarono gli Stranglers agli inizi degli anni ?80 dopo il brillante "La Folie" e il più sperimentale "The Meninblack". L'era punk ha oramai lasciato il posto a più variegate espressioni artistiche, e anche per gli Stranglers l'energia e le corse adrenaliniche degli esordi sembrano già un ricordo lontano. Loro però non si sono seduti da nessuna parte, semplicemente, hanno proseguito nella propria ricerca sonora con uno sguardo sensibile anche a quel che accadeva intorno. 

E allora perché non inventare un album come questo, così notturno, vellutato, ma al tempo stesso così enigmatico, inaccessibile ai primi ascolti, come ben fa intuire l'incipit semi-recitato di "Evening Summer Dream": tastiere soffuse, voce quasi sussurrata, e una sezione ritmica al servizio di sei minuti d'atmosfera meditativa. Molti seguaci della prima ora rimangono perplessi, "Feline" è senza dubbio differente rispetto a qualsiasi cosa concepita in precedenza dai nostri. Si nota immediatamente la totale assenza delle chitarre elettriche, sostituite da quelle acustiche, ma anche la batteria è pressoché rimasta in cantina, a favore di pad e drum machines; una particolarità che non può essere frutto del caso, ma di una scelta senz'altro coraggiosa, soprattutto per quei tempi: quella di  far incontrare acustica ed elettronica senza passare dall'elettrico.

Le coordinate passano da brani che trattano i temi del viaggio, dell'amore e della scoperta, come  "Ships That Pass In The Night", "Let's Tango in Paris", o la più ermetica "All Roads Leads To Rome", e dove le magiche tastiere di Greenfield fanno da scenario principale, rimpiazzando la perduta verve con sognanti melodie d'atmosfera. C'è da chiedersi dove siano finiti, urla e chitarre a parte, certi slanci creativi che avevano dato lustro al quartetto fino a poco tempo prima, ma al tempo stesso ci si può perdere, e a lungo andare farsi ammaliare in questo nuovo gioco di equilibri fatto di elettronica e sussurri, in un perenne scenario da notte fonda. Il piccolo capolavoro è senza dubbio "European Female", che musicalmente riassume tutto lo spirito dell'opera, complice la sua elettronica discreta ed un cuore spagnoleggiante che emerge dagli abili tocchi di chitarra acustica. Emblematico anche il video che ne fu girato, con il gruppo nerovestito in un gelido sotterraneo, alle prese ora con una sinuosa presenza femminile, ora con una ruggente pantera nera. Due facce della stessa medaglia, a pensarci bene. Ecco forse spiegata l'estetica e la genesi di un album volutamente "donna": elegante, raffinato ed avvolgente ma al tempo stesso glaciale e misterioso nelle sue vesti elettroniche e senza l'appiglio delle tanto familiari chitarre elettriche; un album che non si rivela mai fino in fondo finché non gli si presti un ascolto veramente attento.

Tirando le somme, "Feline" non è da raccomandare a chi di proposito si avvicini agli Stranglers per la prima volta, di sicuro ne rimarrebbe fuorviato; sono altri i lavori che hanno consacrato il gruppo nella hall of fame della musica, in particolare i primi quattro dischi. Ma "Feline", nella sua peculiarità, va comunque ricordato come un curioso esperimento new wave  piacevolmente riuscito. Ecco perché lo consiglio a tutti gli altri, anche a chi, non tra gli adepti, stia andando alla ricerca di qualcosa di morbido, enigmatico e affascinante, che sia musica, una donna o...un grosso felino.

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