A ROCK OPERA DERECENSOREA - LA STORIELLA DEL ROCK 'N' ROLL

Mi sveglio in piena notte e mi rivesto frettolosamente. Scendo gli scalini a tre a tre rischiando di giocarmi gli incisivi e schizzo fuori dal portone con un ultimo salto. Una volta esordito in strada, mi posiziono a cavallo della linea bianca continua che attraversa la mia buia e desolata via, ed urlo niente con tutto il fiato che ho in gola. Mobilito l'intero quartiere, suono tutti i campanelli e, come avessi sedic'anni, me la do a gambe.
Raggiungo la biciletta e pedalo fino alla spiaggia. Faccio castelli di sabbia in aria. Mi sdraio supino e contando le stelle accendo quella che lo Zeno sveviano aveva cifrato con l'acronimo di una nota repubblica federale americana.

La sera precedente, l'ascolto di "Black Tambourine" (1) (2) (Kaleidoscope Sound, 1987) - uno dei due EP della misconosciuta formazione che avevo reperito ad una fiera del disco distante non troppi chilometri dalla mia cittadina tanto amante dell'avanguardia, del fottuto progresso - mi era stato chiarificatore: profumava di avventura, aveva lo stesso inconfondibile sapore che emanava il rock 'n' roll viscerale dei Replacements, e contaminava l'atmosfera con la sua aura tipicamente eighties.
Futile nota a margine: Dave Kehoe (voce e chitarra), Anne-Marie Taylor (organo), Colin Packwood (basso), Richard Left (chitarra) e Mark Lafolley (batteria), influenzati, tra gli altri, dai Byrds, attorno il 1984 mettono in piedi i Surf Drums.
Insomma, quel fottuto disco mi suggeriva soltanto di battere in ritirata, ché c'era bisogno di una svolta. E la mia indole non bramava altro. Ero nato per vivere la strada. Ed era finalmente giunto il momento di congedarsi.
Il leggendario Federico Fiumani avrebbe avuto modo di informare chi come me avesse smarrito la retta via qualche anno più tardi, che in fin dei conti "fuori il mondo cammina e va avanti... senza te, senza te." Beh, i Surf Drums avevano fatto pressoché la stessa cosa, ma con la suggestività della loro musica, nonché qualche anno prima.
Dovevo andare. Andare chissà dove, ma andare. «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare.» Dopotutto anche il Kerouac di "Sulla strada" lo sapeva, lo sapeva già più di cinquant'anni fa. Ed io ero stato troppo testardo per rimboccarmi le maniche prima di allora.
Beh, che cazzo, quello stramaledetto disco - meno rumoroso e meno sporco dell'altro (l'ottimo "Walkaway"), in cui pareva praticamente diretta la discendenza da "Let It Be", ma molto più immediato e comunicativo - mi aveva finalmente aperto gli occhi. Forse.

Mi sollevo e rialzo il culo da quella sabbia. Le stelle erano all'incirca settantamila miliardi. Io però mi ero fermato a sessantatré.
I am the sea, puoi vederlo? Riprendo il velocipede e proseguo fino al primo bar aperto, dove mi faccio versare del whiskey chiedendo al barman di lasciarmi l'intera bottiglia. Mi si affianca un capellone. Puzza. Mi chiede se abbia bisogno di roba buona, ma lo licenzio in tronco dicendogli di essere un pubblico ufficiale, solo fuori servizio e perciò con la barba incolta. Poi è la volta di una donna. Bellissima. Una vera fica, per il vero. Occhi verdi e lunghi capelli castani. Ma sono talmente ubriaco che inizialmente la scambio per una enorme castagna.
Quando, d'innanzi ai miei ebbri impacci, accenna ad un sorriso, maturo il desiderio di scoparla. Non ci penso due volte e completamente privo di senno mi fiondo con la testa verso i suoi seni: ella si scansa e finisco faccia a terra. Cedo al sonno e vengo risvegliato dal barman soltanto due ore più tardi.
Sono senza un dente e questo stronzo vuole che saldi il mio debito. Intanto, stizzito penso che quell'incisivo non lo avevo perso nemmeno per una giusta causa, quale poteva essere l'abitudine di fare le scale a tre a tre. Ma il brutto incantesimo viene spezzato dalle ancor più terribili grida di quel tremendo e vomitevole ciccione pelato - Ragazzo, non farmi girare i coglioni. I miei soldi! -
Mi accorgo di non avere più un portafogli in tasca, pertanto non ho scelta: prendo la stecca da biliardo e - certo, con qualche rimorso persino in diretta - gliela spezzo sulla schiena. Arranco in direzione dell'uscita per poi trascinarmi verso il due ruote.
Monto in sella e riprendo la mia aberrante corsa senza mèta sino a pervenire nuovamente e del tutto fatalmente presso la spiaggia. Ma questa volta senza far tappa. Questa volta non mi fermo. Continuo a pedalare e mi inoltro tra le acque cantando "Whole Lotta Love" degli Zeppelin. Io il rock 'n' roll ce l'ho nel sangue delle vene.

Elenco e tracce

01   Black Tambourine (00:00)

02   All There Is (00:00)

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