Conclusa l'avventura con gli svedesi Flowers Kings, nel '99 il chitarrista e cantante Roine Stolt dà vita assieme ad alcuni ex compagni e a Andy Tillison, ex Parallel Or 90 Degrees, al progetto The Tangent, con la collaborazione di una vecchia gloria come David Jackson dei VDGG. L'obbiettivo primario è di puntare su un progressive tradizionale, su uno stile che ne ricalcasse tutti gli schemi delle origini. E in effetti, in questo album del 2003, possiamo trovare tutto ciò che un appassionato di prog anni '70 possa desiderare, poiché I Tangent si rivelano abilissimi a mescolare vari stili differenti tra loro; ritroviamo il prog jazzato e malinconico dei VDGG , quello sinfonico e rigoroso degli Yes e raffinati spunti che rimandano alla scena di Canterbury, tanto amata da Tillison.
La suite "In Darkest Dream", divisa in 8 sezioni, dà inizio a un'invasione di suoni ardenti e classicamente barocchi, assai significativi e sintomatici di quanto "The Music That Died Alone" sia un nostalgico omaggio agli anni d'oro del progressive, a partire dal titolo ironico. Il brano scorre ridondante e focoso, fino a placarsi in una suadente e romantica melodia impreziosita dal sax di Jackson; ora il suono si fa limpido e fresco, la voce di Stolt appare trasognata e intensa e l'atmosfera che ne deriva è morbida e quasi eterea, fino a concludersi in un gioioso epilogo di cori e di suoni omogenei e sfumati. Il secondo brano, "The Canterbury Sequenze" che vuole essere un intermezzo jazz/funk squisitamente ritmato, è un doveroso omaggio a Caravan e soci. Inizialmente i fiati, la potente batteria di Zoltan Csórsz e l'hammond dominano la scena, poi una piacevole chitarra dal suono chiaro e pulito, mai irruente, prende il sopravvento ben sostenuta dal piano di Sam Baine e poi dai synths, chiudendo solennemente il pezzo, cantato per altro da Tillison.
"Up-Hill From Here" è il momento più anomalo e, se vogliamo, orecchiabile dell'album, alquanto aggressivo, dove Roine Stolt si scatena in funamboliche prestazioni alla chitarra e alla voce, rendendosi assoluto protagonista. Con la suite omonima e conclusiva, divisa in 4 parti, sopraggiunge un clima più disteso e intimo, i richiami ai VDGG e in particolare ai testi di Peter Hammill sono percettibili; il brano poi si sviluppa in una sorta di cavalcata strumentale in cui ognuno dà il meglio di sé, alternandosi in performances di alto livello.
In conclusione, "The Music That Died Alone" si presenta molto gradevole ed equilibrato, senza cadere nella trappola di essere troppo ambizioso ed eccessivamente lungo come il seguente album "A Place In The Queue" . E' un onesto lavoro che non ha la pretesa di possedere chissà quali innovazioni e che promuove i The Tangent tra i gruppi più quotati e genuini del prog della scena attuale: non un capolavoro ma un riuscito e sincero atto di riverenza alla "musica che non morirà mai".
Andy Tillison - Organ, Synthesizer, Piano, Arranger, Vocals, Producer, Engineer
Roine Stolt - Guitar, Arranger, Vocals, Producer, Engineer, Amplifiers
Guy Manning - Arranger, Vocals, Producer, Engineer
David P. Jackson - Arranger, Saxophone
Sam Baine - Piano
Jonas Reingold - Bass, Arranger, Producer, Engineer
Zoltan Csórsz - Arranger, Cymbals, Drums
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