Il ritorno degli Who dopo la morte di Moon è sancita dalla pubblicazione nel 1981 di "Face Dances" . Al posto del vecchio batterista c'è Kenney Jones, rodato operaio della scena rock degli anni '70, per il resto la formazione è sempre la stessa.

Il lavoro all'epoca non fu accolto benissimo dalla critica, ma come spesso accade ebbe un discreto successo commerciale grazie al traino della dirompente e orecchiabilissima "You Better You Bet"; il disco è giustamente poco considerato nella loro discografia ma non è malvagio, è suonato bene, coinvolge e diverte, oddio non si può minimamente paragonare agli Who dell'epoca d'oro ma la sua figura onesta riesce lo stesso a farla, del resto sono gli Who, mica un gruppetto inglese qualsiasi. Il problema del disco non è l'affiatamento fra i musicisti che c'è e si sente molto bene (forse Jones non è ancora libero di esprimere il suo talento e si trattiene un poco, ma niente di più), è la vena creativa di Pete Townshend che è un po'affaticata dalla disintossicazione da alcool e droghe, il meglio il chitarrista lo ha inserito nel suo album da solista "Empty Glass" e quì raccoglie un po'di scarti.

"Face Dances" si apre con con la già citata "You better You Bet", trascinante, grande ritmo dettato da Jones e Entwistle per questa storia di passione per l'amata ("Quando dico che ti amo tu dici è meglio per te /é meglio per te ci puoi scommetere/Quando dico che ho bisogno di te tu dici è meglio per te /é meglio per te ci puoi scommetere").
La seconda traccia, "Don't Let Go The Coat", è un brano facile con una melodia discreta e Daltrey che cerca le note più basse per un canto stile Elvis, il testo riflette il periodo difficile di Pete ("Non Lasciare Le Cose Preziose"), come "Cache Cache", testo duro sulle difficoltà del vivere, la musica è un buon rock, grande Daltrey come sempre la sua voce è una garanzia.

Ma con "The Quite One" di Entwistle il rock duro e tirato torna protagonista, il testo è uno sfogo del bassista contro tutti quelli che gli hanno sempre rimproverato di essere troppo timido ("non ho mai avuto il dono della parlantina /ma so parlare con gli occhi /quando le parole non mi vengono non puoi mettermi in croce/i miei occhi non sanno mentirti"), viva quindi le persone timide e di poche parole. Quì finisce la partepiù interressante di "Face Dances", il resto non è da buttare ma neanche da osannare, "How Can You Do It Alone" è una marcetta con cornamuse finali, "You" un rock immediato ma di scarso impatto, il resto si regge bene ma non si solleva dallo stile con cui il gruppo maschera la scarsa ispirazione.

Alla fine questo disco è consigliato un po' a tutti coloro che amano divertirsi con la musica, il primo lato del disco è decisamente godibile e ben fatto, consiglio di comprarlo insieme al successivo "It's Hard", in modo da cogliere le notevoli differenze fra la qualità dei brani, in realtà questo disco come voto meriterebbe un due, ma per un ascolto facile, magari in auto è ben adatto. Da notare, la cover è firmata da Peter Blake, ed è veramente notevole nella sua confezione che si s'ispira al kit tipico dei pittori, tavolozza e colori.

Elenco tracce e samples

01   You Better You Bet (05:37)

02   Don't Let Go the Coat (03:43)

03   Cache Cache (03:56)

04   The Quiet One (03:09)

05   Did You Steal My Money (04:11)

06   How Can You Do It Alone (05:27)

07   Daily Records (03:27)

09   Another Tricky Day (04:53)

Carico i commenti...  con calma