Uno dei dischi più tristi della storia del rock che siano mai stati pubblicati. Gli Who, una delle più grandi band di sempre, capaci, nel corso di pochi anni, di allargare i confini stilistici della musica, tutti insieme per l'ultima volta in uno studio di registrazione. Poche settimane dopo l'uscita di questo disco il grande batterista Keith Moon andrà incontro a una prematura morte, ampiamente annunciata. Con la sua scomparsa gli Who, oltre che a perdere un incredibile musicista, rinunceranno per sempre all'anima pazza del gruppo e ad una personalità esuberante, stravagante ed estrema.

I nove brani che compongono "Who Are You" rappresentano una sorta di testamento, un ultimo faticoso sforzo collettivo. Non era facile la vita per gli Who in quel lontano 1978. Cambi di manager, seri problemi personali tra i componenti, delicate questioni coniugali, velleità soliste, Pete Townshend creativamente esausto e in piena dipendenza alcolica, Keith Moon distrutto a livello psichico e vittima dei suoi stessi eccessi. I quattro personaggi ritratti in copertina hanno i volti stanchi, delusi e demotivati. Sembrano reduci da una dura battaglia e si rendono conto che i trionfi di Monterey, Woodstock e dell'isola di Wight sono ormai lontani. Non sono più i quattro giovani anfetaminici che nel 1965, avvolti nella Union Jack, annunciavano la rivoluzione musicale con la decisa affermazione di "My Generation" e neppure i quattro musicisti da sogno che nel 1971 ci regalavano un album leggendario come "Who's Next". Quei volti cupi sulla copertina di "Who Are You" sanno di essere al capolinea della loro vicenda artistica, fatta di capolavori, intelligenti concept-album e concerti da favola. Come scrisse giustamente un critico musicale, "Who Are You" è "l'ultimo disco in cui gli Who sono ancora gli Who". Per chi ha amato questa band dischi successivi come il deprimente "Face Dances", il tragico "It's Hard" registrati entrambi per puri obblighi contrattuali con il batterista Kenney Jones a sostituire l'insostituibile Moon o il recente e mediocre "Endless Wire", rappresentano episodi imbarazzanti utili per mantenere vivo il sacro fuoco del mito.

La loro storia musicale finisce con le nove canzoni presenti in questa opera. Un'opera che sarà ricordata per l'uso di imbarazzanti suoni moderni, elettronici e per il goffo rock piatto proposto dal gruppo. Un lavoro controverso, contraddittorio e poco riuscito, nato con lo scopo di creare nuovi suoni ma che in fondo si limiterà a riproporre, con scarsa convinzione, la solita ricetta sonora. Il brano che intitola l'album resta però l'ultimo grande classico del gruppo. Una canzone riuscita ed energica ricordata per essere stata ispirata a un Townshend frustrato e ubriaco da un incontro casuale con alcuni membri dei Sex Pistols. "New Song" e "Sister Disco" partono con tutte le buone intenzioni ma poi sprofondano in un rock di maniera ricoperte da scomodi sintetizzatori. "Love Is Coming Down" è una drammatica e noiosa ballata senza infamia e senza lode e la sperimentale "Guitar And Pen" si dimentica facilmente perchè troppo elaborata. La profetica e jazzata "Music Must Change" si ricorda perchè durante la registrazione Keith Moon fu sostituito da una drum machine piochè a causa delle sue precarie condizioni fisiche non riusciva a tenere il tempo. L'apporto compositivo di John Entwistle infine consiste in tre riempitivi poveri di idee e per nulla eclatanti.

L'uscita del disco, accolto tiepidamente dai fans e dai critici, fu accompagnato dalla tragedia che colpì Keith Moon. Dopo la sua morte gli Who decisero di continuare ma persero completamente la sana follia e la forza devastante che li aveva sempre contraddistinti. Per questo motivo i veri Who continuano a vivere nel ghigno beffardo del loro inimitabile batterista.

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