I Theatre Of Tragedy, croce e delizia di molti amanti delle sonorità gothic metal, tornano in questi giorni con un nuovo album -  «Forever Is The World» - che arriva a tre anni di distanza dal precedente «Storm». La rottura con Liv Kristine è storia passata e la "nuova" cantante Nell Sigland è in pianta stabile da un lustro ormai e sul precedente lavoro era stata protagonista di una prova convincente.

Ai più sono note le diverse trasformazioni che questa band norvegese ha attraversato: li ho amati con la magnifica tripletta «Theatre Of Tragedy»/«Velvet Darkness They Fear»/«Aégis» (i primi due diversi dal terzo, ma tutti di alto livello a mio parere), mi hanno letteralmente sconcertato con «Assembly» (dove sfoderavano un misto tra industrial metal ed electro-pop), ho imparato ad apprezzare «Musique» (precedente ad «Assembly», costruito con gli stessi mattoni ma con infinita più capacità) ed infine si erano "arenati" in un gothic metal/rock dal ritornello facile con «Storm». Cosa aspettarsi dunque con questo nuovo lavoro? Prima dell'uscita nel loro sito ufficiale erano stati caricati ben quattro estratti, di una media di 1:30 min ciascuno. Vi dico solo che il giorno in cui ho sentito la preview di "Hide And Seek", pochi secondi dopo aver cliccato sul tasto 'play', ho esclamato: "Oddio santo! Raymond growla ancora!!!". Ero al settimo cielo, i TOT stavano strizzando l'occhio alla produzione di ben 13-15 anni fa! Ero dunque impaziente di sentire il lavoro intero; ormai la curiosità me l'avevano fatta proprio salire.

È dunque con speranza e un pizzico di timore che mi sono apprestato all'ascolto. L'opener è proprio "Hide And Seek": strofe affidate al growl sofferto e mai violento di Raymond (che fa scendere una lacrimuccia, riportando alla mente i fasti di VDTF) e ritornello melodico con protagonista Nell. Bene, mettiamo dunque i primi due paletti: Raymond sa ancora come si fa il growl e gli riesce pure discretamente, nonostante ciò la sua parte in questa traccia è abbastanza risicata; i ritornelli sono bene o male sulla stessa scia melodica di quelli di «Storm». ‘Ok, andiamo avanti'. In sequenza sfilano "A Nine Days Wonder", "Revolution" e "Transition". "C'è qualcosa che non va...", penso. Già: Raymond non si sente più. La prima metà del disco è completamente prerogativa di Nell (eccetto la prima traccia). Ora: la donzella ha sì una voce piacevole, ma alla lunga - pensiero personale - stanca, perché troppo monocorde e fissa su un tipo unico di interpretazione. Non è Liv, e a mio parere non può permettersi di pigiare sempre il solito tasto. Ne risulta quindi che queste tracce scivolano via quasi anonime nonostante presentino qualcosa di caratteristico (le linee vocali delle strofe di "A Nine Days Wonder", l'introduzione di "Revolution" e la coda di "Transition"; ma ciò non basta). È poi con la successiva "Hollow" che Raymond torna in scena - ancora una volta con il suo growl - ma per l'ennesima volta è solo una comparsata, quasi fugace, perché la quasi totalità della traccia è affidata a Nell. Questa canzone è comunque più godibile delle precedenti tre. Con la successiva "Astray" c'è un parziale cambio di rotta: ci sono infatti dei riff sincopati di scuola industrial rock (m'è balzato alla mente il signor Manson), sorretti dalla voce pulita di Raymond, che qui ha finalmente più spazio. Un piccolo ‘esperimento' simpatico. È poi la volta della traccia più meritevole: "Frozen". I toni si fanno più malinconici e scuri, i tempi più lenti, un po' doom, e sembra davvero di tornare indietro nel tempo nella produzione del Teatro della Tragedia, si potrebbe addirittura accostarla parzialmente a "Black As The Devil Painteth" (da VDTF). Sicuramente la prova di gran lunga migliore di questo nuovo lavoro. Si prosegue con "Illusions", che ha dei buoni synth e delle buone prove vocali da entrambi i singer; sopra la media rispetto ad altre composizioni. "Deadland" è abbastanza noiosa, figlia dello Storm-style e in linea con le tracce 2,3 e 4 (e c'è solo Nell). Si arriva dunque al finale con la titletrack, "Forever Is The World", melodica, un po' sinfonica e un attimino più rallentata (e pure qui è Nell a fare la "despota").

È ora di fare un bilancio: «Forever Is The World» è una mezza delusione; prende il peggio di «Storm» - che in sé non è un brutto album, anzi, è abbastanza piacevole anche se poco longevo - e cioè i ritornelli leggermente prevedibili (e che qui sono più prevedibili e banali) e lo mescola a idee ispirate al primo glorioso periodo della band, ad alcuni utilizzi marginali dell'elettronica (più che altro per la conclusione o l'introduzione di alcuni pezzi) e a un certo mood dark generale. Ne risulta sì un album più vario - in primis per l'aggiunta del growl che mancava da anni - ma che allo stesso tempo perde d'impatto e di presa, soprattutto per i ritornelli poco accattivanti e ancora di più per il quasi "monopolio" vocale di Nell a discapito di Raymond (ora capisco perché nelle foto promozionali era quasi in disparte! Acciderbolina!). Quest'ultima soluzione fa perdere davvero molti punti a questa nuova fatica che forse poteva risultare migliore. Il mio voto finale è quindi 3, sperando che col tempo magari questo disco diventi più 'enjoyable'. Mi auguro che i TOT possano lavorare in questa direzione, cercando un punto d'incontro tra vecchio e nuovo, ma che ne esca qualcosa di più coinvolgente. Un primo passo è stato fatto, seppur un po' zoppicante; ma è stato fatto.

Elenco tracce e video

01   Hide and Seek (05:24)

02   A Nine Day Wonder (05:17)

03   Revolution (04:04)

04   Transition (04:59)

05   Hollow (06:10)

06   Astray (03:41)

07   Frozen (05:20)

08   Empty (04:03)

09   Illusions (04:45)

10   Deadland (04:40)

11   Forever Is the World (04:41)

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