These New Puritans
HIDDEN, (Angular Recordings, 2010)
"I'm costantly thinking of our legacy, and how it'ill be looked back on in ten years time. The dream would be for people to still not 'get' what we were trying to do" Jack Barnett
Per comprendere il secondo disco dei These New Puritans bisogna partire da qui, da questa dichiarazione del frontman/mente/dittatore della band britannica, Jack Barnett. "Hidden" prima di tutto vuole essere irrangiungibile, nascosto come suggerisce il titolo e l'eloquente labirinto in copertina (in un rigoroso black nu/cool gothic).
Ma quella che cercano i TNP non un è nicchia o elitarietà, ma un oggetto artistico completamente nuovo, qualcosa che nessuno ha mai visto prima e spiazzi l'ascoltatore lasciandolo confuso e senza radici a qui aggrapparsi e senza poter "get what we are trying to do". Ed è infatti l'ambiguità uno dei punti forti del disco. Hidden è davvero qualcosa di nuovo, scordatevi i i These New Puritans del primo "Beat Piramid" e quel gruppo britannico che prendeva il nome da una canzone dei Fall. Ma soprattutto scordatevi tutto il resto, anzi frammentatelo e solo così potrete avere una idea di Hidden.
Hidden nasce fra Praga e Los Angeles ed ha come solo ideatore Jack Barnett, gli altri membri del gruppo (Tom Hein-basso, George Barnett-batteria and Sleigh Johnson-tastiera) sono venuti a conoscenza dei nuovi brani solo a lavoro completato e quindi hanno partecipato soltanto alla registrazione in studio e nei live. Joe Daniel manager della Angular Records, label della band, ha lasciato lavorare Barnett in completa libertà per 5 mesi aspettando cosa ne venisse fuori. J.B ha così potuto lavorare isolato nel suo studio e ha potuto creare il suo nuovo mondo.
Inizialmente ha incominciato a lavorare in blocchi separati per ogni strumento e con alcuni campionamenti ed infine ha provato ad assemblare le varie parti in brani. Ed ecco Hidden. Dalla prima traccia "Time Xone", una splendida apertura cinematrografica fatta tutta di ottoni, alla conclusiva "5" il disco è un susseguirsi finemente orchestrato di tamburi giapponesi e martelli, ci sono anche meloni che si infrangono e spade che vengono sfilate, soavi cori di bambini, sintetizzatori,piani e clarinetti.
Centrale è anche l'utilizzo della tecnica Foley, utilizzata nei film e che serve ad riprodurre i suoni della vita quotidiana. Tutto frammentato ma allo stesso tempo coeso, in un viaggio circolare (e anche alienato) in uno di quelli che potrebbe essere il vostro disco dell'anno.
Elenco e tracce
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Altre recensioni
Di 500 vanesse
Immaginate di esservi imbambolati a fissare la parete bianca di fronte a voi e che questa vi venga contro, all'improvviso.
Fantastico esempio di autonomia musicale, gente alla quale poco frega di piacere!