Davis, città universitaria a 18 km da Sacramento, California; più di cinque lustri fa. Due anime fedeli, una cresciuta nel non lontano deserto del Mojave, fedeli per più di un decennio; dietro di loro, assortiti per formato, una decina di dischi, nessuno men che rispettabile ed uno poi dal vivo che, per trovarne di così intensi, bisogna scomodare i fratelli Allmann o il Morto Riconoscente o eventualmente chiederlo a quelli dell'Ostrica Blu. La musica: una meticcia dal sangue caldissimo figlia di immigrati del Delta e delle campagne, educata secondo tradizione ma senza troppo rigore (anzi con più di qualche concessione lisergica) e mandata in una scuola ove giravano anche insegnanti "moderni", arrivati da quelle metropoli dell'est che andavano per la maggiore pochi anni prima. Ne era uscita da subito autonoma e matura ma scriteriata abbastanza da permettersi di rielaborare (nel tempo e sempre con grande rispetto) di tutto, pescando fra Duke Ellington e Dylan, Hendrix e i Suicide, Bo Diddley e i Byrds e, saltando l'oceano addirittura Can e Avion Travel (!)...si era mai visto al mondo? Figlia un po' di tutti ma anche di nessuno, che bastavano, per distinguerla di colpo, due versi usciti da quella gola smerigliata dalla sabbia di Guy Kuiser o un riff acido o poche note tirate per il collo dall'elettrica rovente di Roger Kunkel o dalla sua. Musica che qui sa spedire a guardare le stelle in un bivacco di cowboy con un feedback lontano che ulula come un coyote ("Thing") o a mangiar la polvere con rabbia all'inseguimento di una mandria di Longhorn in fuga ("Come Around").
Musica che però dà il meglio quando, e succede spesso, da le vertigini come sull'orlo di baratro con tutto il deserto davanti e le due voci s'intrecciano, quella umana aspra e tesissima e quella elettrica che è a volte il miagolare di un gatto selvatico ("Not Your Default", "Wet Heart"), altre un rivolo di piombo incandescente ("Mother", "Take It Home"). E quando quella umana tace rimane l'interplay delle due chitarre, fedeli, che scorre fluido, vibrante, calibrato sullo sfondo articolato dai compagni di viaggio a tenere sempre altissima la tensione e profondo lo smarrimento. Musica imbibita di quello spleen che solo i Television (per molti la band emotivamente a loro più prossima) seppero trasmettere così forte in passato. Come loro, in fondo, malinconici, più di loro, nel profondo, viscerali.
"Moonhead! è il secondo LP (per Kuiser il loro migliore degli inizi), uscì nel 1987, erano i Thin White Rope...indimenticabile. Indimenticabili.
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